mercoledì 28 aprile 2010

La sfinge, gli evangelisti ed i maghi

Esce quest'anno il primo libro postumo di Master Choa Kok Sui, fondatore del moderno Pranic Healing, chiamato "La Sfinge". Credo per ora sia disponibile solo in inglese.

La sfinge è un animale composito: torso di bue, testa d'uomo, zampe di leone, ali d'aquila.

Gli stessi animali sono simbolo degli evangelisti, e compaiono anche nella quadriga della visione del profeta Ezechiele - da cui la tradizione cristiana ha dedotto che il vangelo sarebbe stato la guida del mondo.

A dire il vero, l'attribuzione dei quattro esseri viventi a simboli dei quattro vangeli è molto stiracchiata (come l'etimologia del nome Diavolo, cfr. post su "chi è maya" nelle etichette qui a dx).

La copio dalla pagina del sito CorsoDiReligione.it


È la Sacra Quadriga, il misterioso cocchio di Dio, condotto - secondo una visione del profeta Ezechiele, ripresa dall'Apocalisse - da quattro "esseri viventi" che avevano sembianza di uomo, di leone, di bove e di aquila. Gli antichi autori cristiani applicarono agli evangelisti le simboliche sembianze della profezia, riconoscendo nel Vangelo il nuovo trono di Dio.
Matteo fu simboleggiato nell'uomo alato (o angelo), perché il suo Vangelo inizia con l'elenco degli uomini antenati di Gesù Messia.
Marco fu simboleggiato nel leone, perché il suo Vangelo comincia con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto, dove c'erano anche bestie selvatiche.
Luca fu simboleggiato nel bove, perché il suo Vangelo comincia con la visione di Zaccaria nel tempio, ove si sacrificavano animali come buoi e pecore.
Giovanni fu simboleggiato nell'aquila, l'occhio che fissa il sole, perché il suo Vangelo si apre con la contemplazione di Gesù-Dio: "In principio era il Verbo..." (Gv 1,1).

Un po' tirata come attribuzione no?

Per capire perchè i quattro evangelisti abbiano quei simboli, perchè il cocchio di Dio li avesse come esseri trainanti, e perchè la sfinge ne sia composta, bisogna capire cosa significano.

Una famosa massima rosacruciana (ma anche della tradizione magico-alchemica occidentale) dice "conoscere, volere, osare, tacere".

Conoscere: uomo/angelo, volere: toro/bue; osare: leone; tacere: aquila.

Fiumi di inchiostro sono stati spesi, nella tradizione magico-alchemica, nello spiegare cosa volesse dire questa massima, associata appunto alla sfinge, in termini pratici e di indicazioni per l'esoterista.

Se lanciate una ricerca su google per "to know, to will, to dare, to keep silent" trovate svariate pagine di interpretazioni da studiosi di quell'ambiente - oltre che di Wicca.

Ora, dovete sapere che una volta, molto tempo fa, la tradizione esoterica occidentale (magico-alchemica) aveva una grossa quantità di insegnamenti alti e validi. Era un percorso spirituale-iniziatico a tutti gli effetti. 
Poi i "maghi" iniziarono ad usare quelle conoscenze a servizio del proprio ego e sostanzialmente a fare danni, a sè stessi innanzitutto ma non solo, dal punto di vista del piano divino.
Cosa succede in quei casi - la conoscenza viene loro tolta - o meglio, cadendo in basso se la tolgono da soli per "demerito karmico" e perchè le onde su cui viaggiano non sono più compatibili con la via spirituale. 
Hanno i principi, i simboli, i testi di antica tradizione, ma non li comprendono nel loro significato superiore, ma solo in termini inferiori. 
Ho un amico alto rappresentante della tradizione alchemica (specificamente spagirica), e ogni tanto mi viene da ridere perchè lo sento parlare di, o citare, materiale con alto significato spirituale-esoterico del tutto lampante, eppure lui lo capisce solo in termini di elementi ed opere, per dirla con Nietsche, "umane, troppo umane" - o meglio magiche, relative ad archetipi ed elementi etc etc.
Vabbe', contenti loro...

Comunque, la sfinge, ed il vero significato (spirituale-iniziatico) della massima di cui sopra viene spiegato da Master Choa nel suo libro.
Come in ogni libro di Master Choa, le cose sono presentate in termini semplici, sintetici, chiari e con applicazioni utili e assolutamente praticabili per chiunque nella vita di tutti i giorni.

Vi traduco l'estratto della prefazione:

Svegliati!

Pensa prima di reagire emotivamente!
Pensa prima di parlare!
Pensa prima di agire!
Pensa prima di comprare!
Pensa prima di unirti ad un gruppo!
Pensa prima di cedere alle pressioni di gruppo!
Pensa prima di investire!
Pensa al tuo scopo nella vita!

Svegliati!
Vivere la vita senza uno scopo
E' passare la vita su uno yacht
... alla deriva


La pagina di presentazione del libro, di C. Anderson, curatrice dei libri di Master Choa, è questa.

venerdì 16 aprile 2010

Purea di melanzane all'indiana (Baigan ka Bharta)

Una ghiottoneria per gli amanti delle melanzane (Baingan o Baigan o Brinjal) ed anche per chi, come me, le melanzane non le ama poi tanto - ma fatte così sono così buone!

Ok, siamo presto con la stagione, ma teniamo buona questa ricetta per l'estate...

Ricetta per... 6-8 persone, ma dipende dalla misura delle vostre melanzane e dall'appetito dei commensali.

Ingredienti:

(Mi raccomando ricordate che cucchiai e cucchiaini sono da intendersi rasi e non colmi. Cfr post su misure e conversioni, nelle etichette qui a dx. Può anche interessarvi il post sulle sostituzioni.)

  • 3-4 melanzane bio
  • 1 grossa cipolla (o 2 piccole), tritata
  • 250 grammi di pomodoro maturo a dadini
  • peperoncino a piacere (ad es. 2-3 piccoli peperoncini rossi freschi)
  • facoltativo: un vasetto di yogurt bianco intero bio o qualche cucchiaio di panna 
  • 2 grossi spicchi d'aglio, finemente tritato
  • 1 cucchiaino colmo di zenzero grattugiato
  • 1/2 cucchaino di curcuma
  • 1 cucchiaino di garam masala (fondamentale in questa ricetta)
  • 1 cucchiaio di estratto di tamarindo, oppure una grossa noce di pasta di tamarindo ammollata in acqua calda (togliere i semi), oppure 2 cucchiaini di amchoor (polvere di mango verde). Regolare le quantità a piacere
  • 4 cucchiai di olio
  • 1/2 cucchiaino di coriandolo in polvere
  • 1/2 cucchiaino di semi di senape nera (facoltativo)
  • 1/2 cucchiaino di cumino orientale in semi
  • una presa di foglie di curry (facoltativo)
  • facoltativo per decorare: coriandolo (cilantro) fresco tritato

La mia sola italianizzazione per questa ricetta è per la cottura delle melanzane.
Contenendo le melanzane un alcaloide leggermente tossico (quello che le rende indigeste e fa pizzicare le labbra), è bene seguire il caro vecchio metodo del tagliarle a fette, salarle e fargli "dare l'acqua" per 15-20 minuti; sciacquarle e poi procedere.

Nelle versioni indiane, non viene fatta "dare l'acqua" e le melanzane sono passate sulla fiamma viva da tutti i lati, così che la buccia si carbonizzi. Questo dà un buon aroma di "affumicato". Quindi la melanzana viene raffreddata in acqua, sbucciata e schaicciata o tritata, per essere poi cotta in ricetta.


Procedura:

  1. Fate dare l'acqua alle melanzane come descritto. Tagliatele a dadini e mettete da parte.
  2. Scaldate bene l'olio in una padella capiente e versatevi, nell'ordine, semi di senape, cumino e foglie di curry. Lasciate sfrigolare per circa 30 secondi a fuoco medio.
  3. Aggiungete aglio e zenzero e fate cuocere, mescolando, per un paio di minuti o finchè cotto.
  4. Unite la cipolla, il peperoncino ed il coriandolo e fate imbiondire.
  5. Aggiungete la melanzana e fate rosolare fino a cottura quasi completa. Non usate acqua se non assolutamente necessario. 
  6. Aggiungete il pomodoro e poca acqua. Con un frullatore ad immersione, riducete la maggior parte delle melanzane in purea, lasciando alcuni dadini.
  7. Unite il tamarindo o amchoor, il garam masala e l'eventuale yogurt o panna. Mescolate bene, assaggiate ed aggiustate di sale. 
  8. Fate cuocere ancora qualche minuto per amalgamare i sapori.
  9. Potete decorare con coriandolo fresco tritato
Godetevi questa delizia con naan o altro pane indiano, e magari una raita.


Immagine da qui

sabato 10 aprile 2010

Dolcetti di cocco all'indiana (Coconut-Besan Barfi)

Ecco un dolce squisito e facilissimo da fare.

Questi dolcetti si sciolgono in bocca; possiamo forse chiamarli i "Raffaello" indiani.
Molto adatti per una festa.

Il barfi (o burfi nello spelling anglofono più comune) si può fare sia di cocco soltanto che di besan (farina di ceci) soltanto. Questa versione mista è un po' meno tipica ma anche meno stucchevole e più interessante, non solo a detta mia ma di molti indiani.

Ho scelto una presentazione piuttosto italianizzata anche se del tutto compatibile con l'estetica indiana - tutti voi ricorderete di aver mangiato, a qualche compleanno o simili, le palline di cioccolata passate nel cocco o nelle codette colorate.

Questa ricetta vi permette di fare 40-50 dolcetti.

L'ideale sarebbe iniziare la sera prima; se li fate in giornata, tenete comunque conto del tempo necessario a far raffreddare del tutto il composto.

Ingredienti:

100 g di farina di ceci (1 tazza) -  si trova facilmente nei supermercati
100 g di farina di cocco (cocco grattugiato essiccato) (1 tazza)
110 g di ghi o burro bio (1/2 tazza)
230 ml di latte bio (1 tazza)
250 g di zucchero di canna (1 tazza e 1/4)
un pizzico di sale
cardamomo pestato sul momento: i grani di 6-7 baccelli (circa 1/3 di cucchiaino)
per decorare: farina di cocco e codette colorate q.b. (le codette sono facoltative)

1. In una padella larga e bassa, preferibilmente antiaderente, fate sciogliere il burro ed aggiungete la farina di ceci, precedentemente setacciata.
Mescolate bene per avere un composto liscio e senza grumi, e fate soffriggere a fuoco medio, continuando a mescolare, per 2-3 minuti.  In pratica, fate un roux come se doveste fare la bechamél.

2. Aggiungete, poco alla volta e mescolando molto bene, il latte. Otterrete una specie di polentina - di nuovo, cercate di evitare o eliminare eventuali grumi.

3. Aggiungete zucchero, sale e cocco e mescolate bene. Lasciate cuocere, sempre a fuoco medio, mescolando spesso.

4. Dopo una decina di minuti, incorporate il cardamomo e fate cuocere altri 15 minuti circa, fino a che il composto si rassoda bene e tende a fare una palla quando lo mescolate (ricordate di mescolare!).

5. Trasferite il composto su una placca o in un'ampia terrina foderata di carta da forno. Lasciate raffreddare completamente, meglio se poi gli fate passare una notte in frigo, ben coperto.

6. Fate delle palline (circa 2,5 cm di diametro) con il classico metodo "rollando tra i palmi delle mani"; tuffate un lato solo nelle codette colorate e poi passate tutta la pallina nella farina di cocco. Disponete le palline sul vassoio con il lato colorato in alto.
In alternativa, usate solo cocco, o mescolate le codette nel cocco, se non volete fare 2 passaggi.

...Enjoy!



(perdonate l'evidentemente bassa tecnologia ed abilità disponibile per le mie foto - I try my best!)


La versione tradizionale...

La tradizione indiana vorrebbe che:
- si facesse un composto molto molto sodo al passaggio 4 (usando un po' meno latte in ricetta),
- si stendesse ancora caldo su una superficie imburrata (placca da forno o altro) in uno strato di 1,5-2 cm,
- si decorasse eventualmente con scaglie di mandorle, foglia d'argento o altro, e, una volta freddo, si tagliasse a rombi.
Vi consiglio però la versione in palline passate nel cocco, il risultato è più sicuro e le mani dei commensali restano più pulite

(foto: ecurry.com)

venerdì 9 aprile 2010

La naturalità delle stampe Kalamkari

Il Kalamkari è un tipo di lavorazione tipica dell'Andhra Pradesh.

Esistono due tipi di Kalamkaari:

- Il Srikalahasti prevede il disegno a penna e la pittura a mano su stoffa, con diciassette dettagliati passaggi. Le immagini sono solitamente relative a scene dei poemi epico-religiosi indiani.
Esistono rari capi d'abbigliamento in cui viene usato questo tipo di decorazione, riservata però solitamente a pezzi più piccoli da appendere come quadri.
Nella foto, un sari dipinto a mano creato da noti stilisti.


- Il Machilipatnam (dall'omonima città) prevede l'uso della stampa a mano con appositi blocchi di legno intagliati.
Il motivo viene stampato in piccole aree in maniera consecutiva lungo la stoffa, creando la fantasia complessiva.
Colori diversi vengono applicati in fasi di stampa successive in una stessa fantasia, e l'allineamento non è sempre perfetto: la leggera sfasatura delle stampe dei vari colori fa parte della bellezza del capo.



Questa tecnica ha conosciuto il suo apice nel medioevo e gli strumenti ed i materiali sono cambiati poco.
A tutt'oggi, il Kalamkari vero viene eseguito con tinture vegetali o composti minerali del tutto naturali.
Anche il cotone utilizzato per la base è una morbida mussolina non sbiancata (o più raramente seta grezza), quindi ecru come colore.

Questo processo risulta in fantasie dai tipici toni caldi e moderati, come potete vedere nelle immagini.
I colori tipici sono giallo ocra, nero, blu indiano, verde oliva, marrone e rosso mattone.
Il comfort di questi tessuti è sopraffino, la vostra pelle ringrazierà del contatto con materiali così naturali!
(sari nella foto: cortesia di Sari Safari)

Sfortunatamente, il Kalamkari ormai si fa anche con tessuti sbiancati o colorati, con pitture sintetiche e forse anche con stampe automatizzate.
Il prezzo non fa fede: anche il kalamkari "vero" è molto economico; cercate piuttosto un venditore serio e osservate l'aspetto del tessuto: se i colori sono troppo sgargianti o l'allineamento e l'unformità della fantasia sono troppo buoni, abbiate i vostri sospetti.

In Kalamkari si stampano sari, salwar kameez, kurtas/kurtis (tuniche), stole (dupattas), copriletti e copridivani, etc.

La pagina dedicata del SariShop di Sari Safari è una fonte garantita di veri Kalamkari;
Personalmente, mi sono fatta fare un eccellente salwar kameez in vero Kalamkari per 15 euro dall'ormai noto VadaaMalar, anche se non tiene spesso questo materiale.

Il 'mezzo sari' o Pavada Dhavani

Nel Sud dell'India, l'abbigliamento tradizionale per le fanciulle non ancora sposate è il completo di gonna (pavada o pavadai) e "mezzo sari" (dhavani o davani o thavani), ovviamente con blusa (choli).
Nell'Hinglish odierno il completo è comunemente detto "half saree".

Nella foto in rosa, l'attrice Bhoomika Chawla.

Il pavada è un gonnellone a pieghe, che mi ricorda molto le divise dei collegi o le gonne delle nonne, ma lungo fino ai piedi.

Il davani è una specie di grande stola che mima la parte terminale del sari, con tanto di pallu (parte terminale decorata).
Si infila in vita, davanti, e si fa girare attorno ai fianchi, per poi portalo sulla spalla, esattamente come fareste con un sari.

Spesso pavada e choli (gonna e top) sono coordinati, mentre il dhavani è in colore coordinato ma contrastante. In altri casi, dhavani e pavadai possono essere dello stesso colore, o ci possono essere altre combinazioni di colore tra i tre elementi del completo.


Questi completi esistono in numerose versioni, dalle più quotidiane a quelle luccicose e sartoriali.

Nell'immagine, da SareeTimes, un pezzo dagli stilisti Swapna e Seema comparso ad una recente sfilata.

Personalmente trovo che il pavada dhavani non stia bene a nessuno sopra la taglia 40, non per il dhavani ma per l'impietoso effetto del plissé del pavadai (cfr. immagini).
Se notate, Swapna&Seema hanno eliminato il plissé ed utilizzato stoffe molto molto fluide per riuscire a far stare bene il loro completo.

Particolarmente sfortunato, esteticamente parlando, trovo sia il caso in cui pavada e dhavani sono di colori contrastanti, perchè la figura pare ancora più tozza.

giovedì 1 aprile 2010

Fare o non fare? Pigrizia e presunzione

Si incontrano, di tanto in tanto, persone convinte di non voler "muovere energia", cioè di non voler fare più nulla che crei karma, ovvero qualsiasi azione che produca un qualsiasi effetto a questo mondo, al fine di raggiungere la liberazione e non doversi incarnare di nuovo.

Invero, il ragionamento fa falle ovunque, ed il principio è una distorsione della effettiva legge esoterica che ci sta dietro.

Ma partiamo con un paio di esempi.

Quello più estremo è di un certo amico di un amico. Questo aveva una moglie ed una figlia piccola e diceva di seguire l'insegnamento di un certo autore spirituale orientale.
Lui passava la giornata a leggere testi religiosi, e non aveva un lavoro. La moglie lavorava, vedeva della bambina, e si occupava di tutta la parte domestica.
(Lasciamo stare, qui, l'evidente necessità della signora di fare un percorso, riprendere in mano se stessa e tutelare il futuro della bambina).
Questo signore faceva il saggio, distribuiva consigli e lezioni spiritual-filosofiche, e dichiarava di "non voler muovere energia" più o meno con le parole che ho usato sopra.

Penso che sia abbastanza evidente a tutti che una persona che agisce così si crei un debito karmico enorme a passo accelerato, e che sia molto lontana dall'illuminazione se non vede quello che sta facendo (i danni innanzitutto, oltre al debito).

La psicologia umana è però tutt'altro che trasparente, ed è facile per le persone ingannare se stesse. Anzi, è una cosa molto frequente - anche se solitamente non con inganni della stessa entità del signore di cui sopra.

Un altro esempio, in scala molto più piccola, è la diffusa credenza di certe persone sul percorso spirituale, che credono che a loro non serva fare i lavori domestici o cose "basse" simili giacchè si occupano di cose elevate.

La legge spirituale che regola questa materia (cioè cosa si sia tenuti a fare nel mondo materiale) è la seguente. La potete ritrovare in numerose tradizioni spirituali. E' esposta anche nelle parole del sacro leone dell'India, Sri Yukteswar, riportate nell'autobiografia del suo discepolo Yogananda.

Ora non trovo il passo specifico nell'Autobiografia, ma suonava più o meno così:
"Fin tanto che per vivere hai bisogno di respirare la libera aria del mondo, devi darti da fare per guadagnartela. Solo quando avrai il pieno controllo dell'energia vitale, cioè quando non avrai più bisogno del respiro per rimanere in vita, potrai sentirti chiamato fuori dai doveri di questo mondo"

Questo non è un paradosso o un modo artistico di intendere "dovrai lavorare sempre", ma si riferisce al fatto che esiste effettivamente un livello di evoluzione spirituale in cui lo yogi o il santo non ha più necessità di respirare e lì è al di là delle leggi del mondo, e cessa di accumulare karma.

Se qualcuno che ha ancora bisogno di mangiare, bere, dormire e respirare per rimanere in vita vi dice che ha smesso di accumulare karma, non c'è motivo di credergli.

Certo, solitamente i grandi illuminati fanno queste cose (mangiare etc) per non dare troppo nell'occhio (non fare i "fenomeni") e per stabilire un esempio non irraggiungibile per i loro allievi. Ci sono anche altre ragioni tecniche ma non entriamo in dettagli. Al bisogno ed in certe condizioni, però, sono perfettamente capaci di stare senza respirare e tutto il resto, per tutto il tempo che desiderano.