mercoledì 31 marzo 2010

Curry di spinaci e patate (aloo palak) - semplice e veloce!

Ecco una ricetta di rapida e facile esecuzione, ma di grande gusto e con un ricco bouquet di aromi.

Si tratta di una mia versione del comune aloo palak sabzi - curry di patate e spinaci.

Ingredienti per 2 persone:

  • Una grossa patata lessa o 2 piccole;
  • Una bella manciata di spinaci lessati;
  • Mezza cipolla piccola tritata, o qualche cucchiaio di porro a listarelle
  • Mezzo spicchio d'aglio tritato
  • Mezzo cucchiaino di panch phoron (vedi asterisco per sostituzione)*
  • 1/4 di cucchiaino di garam masala (vedi asterisco per sostituzione)*
  • 1/8 di cucchiaino di curcuma, o meno (facoltativo)
  • Peperoncino a piacere
  • Sale q.b.
  • Olio d'oliva
  • Facoltativo: circa 100-150 ml di latte (vaccino o di soia), oppure circa mezzo vasetto di yogurt bianco (vaccino o soia)
  • Una spruzzata di succo di limone oppure una presa di amchoor (polvere di mango verde); questo non serve se usate lo yogurt

* Approssimazione per sostituire panch phoron e garam masala:
- Panch phoron: unite insieme un pizzico di cumino orientale, un pizzico di semi di senape nera, 5-7 semini di finocchio, un mini-pizzico di origano (o, se li avete, qualche granello di nigella e 2-3 semi di fieno greco);
- Garam masala: unire le seguenti spezie, tutte in polvere o pestate: una punta di pepe, una di cumino orientale e una di coriandolo; mezzo chiodo di garofano; pochissimo cardamomo e zenzero.

Preparazione:

  1. Fate scaldare un cucchiaio d'olio in una padella; aggiungete il panch phoron e fate rosolare per circa 30 secondi;
  2. Aggiungete la cipolla/porro e l'aglio; fate soffriggere a fuoco medio fino a doratura;
  3. Aggiungete curcuma, peperoncino, gli spinaci tritati e le patate a cubetti;
  4. Rosolate per un paio di minuti, mescolando bene;
  5. Aggiungete acqua calda a coprire gli spinaci;
  6. Fate cuocere qualche minuto, mescolando, finchè parte delle patate diventano una crema;
  7. Aggiungete latte o lo yogurt, o anche solo un po' d'acqua, e mescolate; 
  8. Unite l'amchoor/limone (non serve con lo yogurt) ed il garam masala e fate cuocere mescolando per pochi minuti; potete aggiungere acqua calda se il curry vi sembra asciutto;
  9. Aggiustate di sale e gustate con riso o pane indiano.
... Enjoy!


venerdì 26 marzo 2010

Malai Koftas (Polpettine vegetali in sugo cremoso)

Malai Koftas... un piatto regale, sontuoso... richiedono un po' di lavoro, ma la soddisfazione poi è grande!

Piatto per le feste, di derivazione Moghul, un po' sull'onda del Dal Makhani.

Può essere fatto in versione vegan sostituendo il paneer con il tofu e la panna con panna di soia.

Ingredienti e procedura per 4 persone:
(vedere post su misure e conversioni, e, volendo, anche quello sulle sostituzioni, nelle etichette qui a destra)


Per le polpettine (koftas):


1 tazza di verdure* bollite a 3/4 cottura e scolate immediatamente (1 etto da crude)
1 tazza di paneer o tofu grattugiato (150 grammi)
1 tazza di patata cotta e schiacciata (150 grammi)
1 peperoncino verde tritato
cumino in polvere
coriandolo in polvere
2 cucchiai di noci/arachidi/anacardi tritati (facoltativo)
coriandolo (cilantro) fresco tritato - facoltativo
peperoncino
sale
poca farina per rotolarci le polpettine
olio per friggere


*come verdure, il classico è carote e piselli - eventualmente potete variare con qualsiasi verdura soda, come fagiolini, mais dolce, cavolfiore...


1. Schiacciare le verdure (con una forchetta o schiacciapatate), metterle in un canovaccio di tela (risciacquato dall'ammorbidente) e strizzare fuori quanta acqua si può. Tenere l'acqua da parte.

2. Mettere assieme verdure, patate, paneer, il peperoncino verde tritato, le noci, una bella presa di cumino, una di coriandolo, una di coriandolo fresco, 1 cucchiaino di sale (a meno che patate e verdure non siano già salate) ed un pizzico di peperoncino. Mescolare fino ad avere un bel composto coeso e abbastanza liscio.

3. Fare palline e rotolarle nella farina.

4. Friggere fino a doratura in olio non troppo caldo; scolare su carta assorbene e tenere da parte.


Per la salsa:

1 tazza di pomodoro tritato o 1/4 di tazza di passata (o a piacere),
1 tazza di cipolla finemente tritata (circa 150 grammi)
3 cucchiai di anacardi (o altre noci) tritati/macinati, ma non troppo finemente
1 cucchiaino ciascuno di cumino e coriandolo in polvere
1/2 cucchiaino di peperoncino in polvere
2-3 spicchi d'aglio tritati finemente
2-3 cm di zenzero grattugiato
una presa di coriandolo (cilantro) in foglie tritato - facoltativo
1/2 cucchiaino di curcuma
1/4 di tazza di panna da cucina
una presa di garam masala
olio
sale


1. Friggere la cipolla in olio con un pizzico di sale; quando è cotta, aggiungere zenzero, aglio e curcuma e far andare ancora qualche secondo, mescolando
2. Aggiungere peperoncino, cumino e coriandolo e far soffriggere un minuto
3. Unire il pomodoro e cuocere fino a che si è disfatto; quando serve, aggiungere acqua in cottura (utilizzando per prima quella raccolta dalle verdure dei koftas)
4. Frullare la salsa fuori dal fuoco
5. Portare di nuovo ad ebollizione e far bollire per qualche minuto
6. Aggiungere gli anacardi e la panna; aggiustare di sale e riportare ad ebollizione per pochi minuti
7. Adagiare con attenzione i koftas nella salsa e spegnere il fuoco
8. Cospargere con coriandolo tritato e garam masala


Buon appetito!!



lunedì 15 marzo 2010

Televoto, autoselezione e brogli

Post molto in ritardo rispetto a Sanremo ma sempre buono.

Molti si stupiscono di come il sentire della popolazione (sempre che si possa stimare con accuratezza) riguardo, ad esempio, a chi debba vincere il festival di Sanremo piuttosto che l'Isola dei Famosi e simili, differisca poi dall'effettivo esito.
(non che io guardi i suddetti programmi, per carità)

Si fanno polemiche, alcuni dicono che tanto è tutto deciso prima da poteri superiori, etc.

Relativamente poche persone sanno, però, che esiste una cosa chiamata autoselezione (uno dei problemi del fare ricerca nel sociale).
Ovvero, se io devo fare un qualsiasi esperimento che desidero essere valido per la popolazione nel suo complesso, e poi metto "partecipazione volontaria", avrò un grosso problema:
Chi mi garantisce che il campione di persone che si presentano al mio esperimento rispondano nella stessa maniera della popolazione generale?
Il campione auto-selezionato può essere (e spesso è) più colto, più giovane, più estroverso o qualsiasi altra cosa, o con una specifica motivazione ad esprimere un certo orientamento, rispetto alla media della popolazione.
Quest'ultimo caso si vede molto bene coi noti meccanismi della partecipazione al voto nei referendum, con cui molti di voi magari hanno già familiarità.

Per queste ragioni, gli esiti di un sondaggio/esperimento/voto con campione autoselezionato non sono praticamente mai rappresentativi della popolazione.

Questo è lo stesso motivo per cui il Festival di Sanremo quest'anno aveva un lodabile campione rappresentativo della popolazione (che contava come il due di spade con briscola a coppe, but anyway...)

L'ipotesi "brogli" può avere un suo senso, ma francamente credo che i brogli non ci siano perchè semplicemente non servono.
Quei programmi sono fatti per un target ampio, ma ben conosciuto nei suoi gusti.
Se lo scopo ultimo della televisione come azienda è di vendere spazi pubblicitari, non serve a nulla pilotare un programma verso qualcosa che non sia ciò che soddisfa la massima fascia possibile di telespettatori.
La cosa triste, quella di cui scandalizzarsi, non sono gli ipotetici brogli, ma perchè i risultati, ed i programmi che "tirano", sono quello che sono.

mercoledì 10 marzo 2010

Decorare la fronte: Bindi, Sindoor e Tikka

Il Bindi è l'ornamento indiano che si applica alla fronte, tra le sopracciglia.
Simbolo di appartenenza religiosa induista, era considerato parte integrante dell'abbigliamento della donna fino a non molto tempo fa (solo per le donne sposate nel Nord, per tutte nel Sud).

Tradizionalmente il bindi è fatto con una polvere colorata che si applica con le dita, ma si sono poi aggiunte le versioni commerciali adesive, di ogni colore e forma, con elementi dorati e pietruzze.

Il web è pieno di pagine sulla storia del bindi, non farò un doppione qui.

Quello che forse può essere utile sapere è che il bindi non si mette in mezzo alla fronte, come fanno tante occidentali neo-hippy o danzatrici del ventre, ma tra le sopracciglia (un po' più in alto o un po' più in basso a seconda delle tradizioni locali).

Questo mal-posizionamento occidentale deriva probabilmente dal fatto che le nostrane fanciulle sentono dire che il bindi segna il terzo occhio, che immaginano in mezzo alla fronte, e lì piazzano il bindi.

In realtà, volendo entrare in dettagli tecnici, ecco dove sta la storia nascosta, riportatami da un colto signore di Calcutta (un collega pranic healer di un certo livello).

Premessa:
Sulla fronte non ci sta un solo chakra (centro energetico) ma due.
Un chakra è quello della fronte vero e proprio e sta un po' più giù dell'attaccatura dei capelli, e presiede alla chiaroveggenza (e, fisiologicamente, contribuisce a controllare ed energizzare il sistema nervoso centrale).
Un altro chakra è l'ajna, che si trova appunto dove si applica il bindi, ed è il centro della volontà e dell'intelligenza astratta (e, fisiologicamente, contribuisce a controllare ed energizzare SNC, occhi e ipofisi).
Queste info sui chakra sono parte degli insegnamenti di Master Choa (fondatore del moderno Pranic Healing).

Il bindi, nella sua funzione energetica, nasce un sacco di tempo fa come strumento maschile a protezione del chakra ajna - il discernimento, la volontà - da influenze indebite.
Per influenze indebite intendo il fatto che qualcuno cerchi di dominare mentalmente la persona, convincerla ad esempio a comprare qualcosa che non vuole comprare, instillare cattivi consigli etc.

Questa origine, molto più credibile del fatto di "segnare il terzo occhio", rende ovvio il fatto che il bindi fosse applicato sull'ajna e non sul chakra della fronte.
Questa versione è confermata dalle note storiche di surfindia qui.


Seconda info utile, il bindi come accessorio abituale sta andando sempre più in disuso in India - molto più del sari.

Al proposito, non crediate che serva mettere il bindi col sari.
Anzi, se mettete sia bindi che sari, a meno che non stiate andando ad una cerimonia induista di un certo peso, avrete un look molto "arretrato" per i gusti giovani contemporanei.
Nessuno vi vieta di farlo, ma avrete un aspetto molto tradizionale (tradizionale come opposto a giovane e contemporaneo, come se vi vestiste qui come vostra nonna)

Dimostrazione di questa tendenza è il fatto che se guardate le foto delle attrici bollywoodiane (lo specchio dei modelli culturali attuali) ai vari eventi mondani, ne trovate pochissime con sari e bindi, mentre abbondano le foto con sari senza bindi.
Aishwarya li porta più spesso, ma lei ha una nota inclinazione per il look tradizionale.
In foto, quella splendida creatura della Deepika Padukone.

Potete utilizzare il kumkum (polvere rossa apposita) per disegnarvi con la punta del dito un bel cerchio rosso, oppure acquistare i bindi adesivi online.

Per l'acquisto dei bindi adesivi, eBay è sempre una grande fonte!
Ottimo è anche il sito Fancy Bindi, prezzi e scelta meglio che su eBay, ma accetta solo ordini minimi di 18 dollari.
Ovunque li compriate, tenete a mente che per dei bindi abbastanza semplici (non quelli da cerimonia), qualsiasi prezzo di più di 2 euro a confezione è un furto.


Altra cosa è il sindoor, polvere rossa come il kumkum (composizione chimica diversa però) che si applica nella riga in mezzo dei capelli.
Si mette il sindoor in un solo punto all'attaccatura dei capelli oppure per alcuni centimetri lungo la riga, fino all'attaccatura dei capelli.


Il sindoor è un simbolo dello status di donna sposata, ma ormai lo usano solo le donne anziane, o in ambiti rurali, o nelle cerimonie nuziali a tutt'oggi (lo sposo applica il sindoor alla sposa).
(foto di Aish qui)

Altro ancora è il tikka o tika o mang tika, un gioiello che si porta sempre nella riga in mezzo dei capelli.
Il tikka consiste in una catenella che si fissa ai capelli con un piccolo uncino, metra all'altra estremità vi è un pendente che, stavolta sì, segna il terzo occhio.



Il tikka è per la cerimonia del matrimonio e per le neo-spose - indossato ad eventi speciali per il primo anno di matrimonio circa.
Si può portare con o senza bindi.



Altra cosa è il tilak, da non condondersi col bindi anche se l'origine è comune. 
Il tilak è un segno fatto sulla fronte con le dita, utilizzando una polvere colorata. Questa polvere può essere kumkum - rosso, polvere di sandalo - beige, curcuma - gialla, cenere, argilla o altro. 
Il tilak è portato da donne e uomini nelle festività religiose, o da alcuni anche ogni giorno, secondo le tradizioni locali. Inoltre, un sacerdote applica il tilak a chi entra in un tempio come segno di benedizione della divinità.
Il tilak ha solo significato religioso, non ha nulla a che fare con abbigliamento ed accessori femminili. 
Ha una specifica forma diversa a seconda della tradizione induista di riferimento.

(non ho resistito a mettere questa immagine di Sita Mata, religiosa indiana che imbocca con commovente intimità il suo orfano cucciolo di scimmia)

lunedì 8 marzo 2010

Mahasamadhi

La Mahasamadhi (letteralmente grande estasi) è l'uscita cosciente dal corpo di un grande yogi o santo.

Swamiji Paramahansa Yogananda ed il suo Guru Swami Sri Yukteswar hanno abbandonato così il loro corpo fisico rispettivamente il 7 marzo 1952 ed il 9 marzo 1936.

In questa giornata a metà strada tra i due anniversari, onoro la loro memoria anche sul blog, con una sezione di una delle rare foto che li ritraggono insieme - questa è del 1935.


La foto sotto è stata scattata a Yogananda poche ore prima della sua Mahasamadhi, avvenuta poi in quello stesso punto (era una cena ufficiale).


Jai Guru!  Grazie infinite.

domenica 7 marzo 2010

Il mukhwas

Un tipico pasto indiano finisce col Mukhwas, un composto di semini da masticare per favorire la digestione e rinfrescare l'alito.

Il Mukhwas può essere di moltissimi tipi, con varietà regionali.
Si compone comunque prevalentemente di semi di finocchio -  spesso ricoperti di zucchero, che può essere aromatizzato (ad esempio alla menta o altri aromi) e/o colorato, e pezzetti di frutta secca, foglioline di erbe apposite, caramelline o altri semini aromatici adatti allo scopo.

Gli indiani solitamente comprano il mukhwas sfuso in sacchetti, ma si trovano anche simpatici contenitori a cilindro, con divisori interni che creano spicchi, ed in ogni spicchio c'è un tipo diverso di Mukhwas che si può versare separatamente.

venerdì 5 marzo 2010

Sexy con il drappeggio Kashta (11° post su come indossare il sari)

Il Kashta è una maniera tradizionale di indossare il nauvari (sari extra-lungo da 8.2 metri) del Maharashtra.
Abbiamo già visto la pudica versione brahmina del Kashta nell'apposito post su "Brahmini e sari da 9 yarde", ma il Kashta popolano è tutt'altra cosa.
Si trattadella stessa procedura di drappeggio, ma nella versione popolana si tira e si stringe fino ad ottenere nulla più che un paio di aderenti pantaloncini con l'avanzo di una stola!

C'è tutta una serie di interventi e raccolte di foto e video online, da parte di privati cittadini maschi indiani, a difesa e a glorificazione del tradizionale drappeggio Kashta.
Per alcuni sembra una vera e propria ossessione feticistica. L'eccitazione sessuale dell'autore del sito/galleria è palpabile quando si visita il sito, è quasi imbarazzante.

Questi signori non si emozionano invano, poichè, come intuite dalle foto, il kashta copre poco e suggerisce di tutto e di più. Alla faccia del fatto che ci sono 9 yarde e non 6 di stoffa da attorcigliarsi addosso.

Questi signori fanno tanto clamore anche perchè il kashta "per uso quotidiano" sta ormai scomparendo, assieme ai sari da 9 yarde.
Le donne usano sari commerciali e ormai solo per le feste, e lo indossano in stile nivi; per l'abbigliamento quotidiano usano sempre di più salwar kameez o churidar kameez, o jeans e maglietta. Che tristezza!


E' appunto la versione popolana (delle caste inferiori) del kashta, detto "kashta corto", ad essere quella "sexy". Il sari è drappeggiato al ginocchio e spesso non arriva a coprire nulla sopra la vita.

Ci sono anche versioni intermedie che prevedono di arrivare alle caviglie, non stringere tanto e disporre il pallu sopra la spalla, spesso ben piegato a non sembrare più che una fascia da miss.

Il Kashta corto, se lo desiderate, si realizza anche con i comuni sari da 6 yarde che avete in casa - non vi resterà nulla da drappeggiare sulla spalla però.
Seguite le istruzioni date nel già segnalato video del kashta brahmino, ma ignorate la parte del pallu.

Il Kashta lungo, come abbiamo visto, è tipico delle caste più benestanti ed è drappeggiato in mainera più pudica, arrivando a coprire dalle caviglie alle spalle come ci si aspetterebbe da un sari.

Foto del post: eccetto quella in celeste, cortesia di SariSafari, il resto viene dalla galleria di uno di quei signori arrapati di cui sopra.

Chutney di pomodoro (salsa indiana di pomodoro)

...Questo va proprio bene con gli spuntini salati indiani, come pakoras e samosas.

Di chutney di pomodoro ne esistono diversi, qui vi propongo una tipica versione indiana meridionale, non dolce, ed espressa (ci sono anche chutney da fare "in conserva" tipo marmellata).

Vi servono:

  • 600 g di pomodori maturi scottati, pelati e tritati (o una normale scatola di polpa di pomodoro) bio
  • 1 cm di zenzero grattugiato
  • 2 peperoncini verdi
  • 1/4 di cucchiaino di curcuma
  • 1/2 cucchiaino di zucchero di canna
  • facoltativo: peperoncino in polvere a piacere
  • un pizzico di assafetida o uno spicchio d'aglio tritato
  • una cipolla
  • un cucchiaio d'olio di semi
  • 6-8 foglie di curry
  • un cucchiaino di semi di senape
  • 1/2 cucchiaino di semi di cumino (orientale)

Preparazione:

- Fate soffriggere in olio ben caldo la senape ed il cumino per qualche secondo;
- Aggiungete l'assafetida, lo zenzero, il peperoncino inciso per il lungo e le foglie di curry, fate saltare per un minuto scarso;
- Aggiungete la cipolla tritata e la curcuma, fate dorare la cipolla;
- Aggiungete il pomodoro, mezzo bicchiere d'acqua, lo zucchero e salate;
- Fate cuocere per diversi minuti fino ad ottenere la giusta consistenza.


immagine qui

P.S. una cosa che manca in questa ricetta è l'aggiunta di mezzo cucchiaino di urad dal, che va dorato in olio bollente, aggiungendolo subito dopo cumino e senape. 
Non mi sono mai abituata all'idea di friggere un legume secco crudo e mangiarmelo così com'è, ma è cosa molto diffusa nella cucina indiana come parte del soffritto, pare dia quell'"elemento croccante" che sennò mancherebbe.

Frittelle di verdura (verdure pastellate)

Questa ricetta è per delle pakoras (verdura fritta in pastella) "a modo mio".

Questo perchè in realtà friggere è una difficile arte, non amo l'unto e sono molto "particular" (che in inglese non vuol dire "particolare" ma esigente, difficile da accontentare o fissato con certe cose) con il fritto.

Quindi, visto che la seguente ricetta è molto meglio, a mio personale avviso, di tante pakoras che ho mangiato, ecco questo ibrido fusion.

Il segreto è lo stesso che per la pastella per i fritti salati italiani (ad esempio, fiori di zucca): la birra, un termometro da cucina, e non salare la pastella.

Digressione italiana (questa ricetta è frutto di una fuga di notizie dalle cucine di un lussuoso hotel di Roma):
Per dei fiori di zucca in pastella perfetti, o per pastellare qualsiasi altra verdura, unite 200 grammi di farina, un bianco d'uovo montato a neve ferma (si monta meglio a temperatura ambiente e con mezzo pizzico di sale) e tanta birra quanta ne serve per un composto fluido ma piuttosto denso.
Lasciate riposare mezz'ora prima dell'utilizzo in frittura.


Verdure pastellate all'indiana (Pakoras o Bhajis):

- Farina di ceci q.b., contate circa mezz'etto a testa
- Birra q.b. (la ricetta originale prevede una punta di bicarbonato e acqua tiepida)
- Una presa di curcuma
- Speziate la pastella scegliendo tra:
         una presa di garam masala e, facoltativo, poca assafetida o aglio tritato,
         una presa di cumino in polvere e un pizzico assafetida o di aglio tritato,
         una presa di polvere di curry di Madras
- Verdure adatte: peperoni crudi, cavolfiori, patate, carote, pomodori da insalata, cipolla, melanzane...*
- Olio d'arachide per friggere
- Un termometro da cucina (potete farne a meno, ma dovete essere veramente abili ad individuare e mantenere la giusta temperatura dell'olio)

    *Cipolle: tagliatele ad anelli spessi mezzo cm.
    Peperoni: a quadrotti o bastoncini.
    Carote: a bastoncini.
    Cavolfiori: a cimette e bolliti prima a metà cottura.
    Patate: a fette spesse 1 cm scarso e bollite prima a metà cottura.
    Pomodori e melanzane: tagliate a fette spesse 1 cm.
    Per le melanzane, preparatele come per la parmigiana: salatele e fategli dare l'acqua per 15 minuti, poi sciacquatele ed asciugatele bene.

    Procedura:

    Mescolate gli ingredienti per la pastella, ottenendo un composto fluido ma abbastanza denso.
    Intingete i bocconcini di verdura o le fette di melanzana nella pastella e friggete in olio a 140-150 gradi, fino a una buona doratura.
    Scolate e riponete su uno scolapasta foderato di carta assorbente, salate subito.
    Se dovete friggere quantità più grandi, tenete le frittelle già pronte nel forno tiepido.

    Se avete fatto tutto come descritto, il vostro fritto dovrebbe essere saporito, fragrante, croccante e leggero.

    Praticamente tutto il mondo, eccetto che gli italiani, mangia il fritto con delle salse, come se il fegato non ne avesse già abbastanza.
    In realtà, quando ben scelte, le salse facilitano la digestione del fritto. Avete mai notato che le patatine col ketchup vanno giù meglio, mentre con la maionese sono dei macigni?

    Gli indiani non fanno eccezione alla regola di "fritto+salse": le pakoras si servono accompagnate da ciotoline di chutney di pomodoro, raita di menta, chutney di tamarindo o di mango, ed altre salse indiane a piacere.

    giovedì 4 marzo 2010

    Sari del Kerala

    Dopo aver sognato le palme del Kerala col nostro dolce di latte di cocco e riso, siamo di nuovo nella regione per parlare dei sari tradizionali.

    Le Keralite, per le festività religiose più importanti come l'Onam, vestono tradizionalmente un completo simile al sari ma fatto di due parti, il Mundum Neriyathum (o Mundu Set).
    (foto da qui)


    Il corpo del mundu set è in seta o cotone, in tessitura leggerissima ma di notevole qualità e resistenza. 
    I colori tipici sono bianco, naturale (cotone non sbiancato) e sandalo (beige rosato).

    I bordi dei sari del Kerala sono detti Kasavu e sono solitamente lavorati in zari, filo argentato bagnato in oro. Ovviamente lo zari può essere "vero" e costosissimo, o "commerciale" e più economico.
    Il bordo può essere in oro semplice o abbinato a motivi in colori come il verde o il bordeaux. 
    (foto da qui)


    Questo completo è di antica derivazione storica, essendo l'ultimo discendente dell'antico sari che copriva solo la parte inferiore del corpo, ora rappresentato dal Mundi, il pezzo inferiore del completo.
    Il Neriyathum, il "pezzo sopra" si è aggiunto dopo, storicamente.

    Completa il quadro il top (choli), di origine ancora più recente - essenzialmente con la dominazione inglese - e che richiama i colori dei bordi del sari. Se i bordi sono in oro a tinta unita, il top può essere nel colore del corpo del sari, ma spesso anche in verde o bordeaux.

    Una versione a sari intero (non in due pezzi) del mundu set è il set-sari o Kasavu sari, che per estetica assomiglia molto al mundu set.
    (foto da qui)


    Riconoscere il mundu set dal set-sari:
    col mundu vedete un bordo verticale colorato lungo la coscia e niente pieghe, mentre il sari è portato con le classiche pieghe dello stile nivi.

    Sari keraliti particolarmente pregiati sono prodotti nel distretto di Balarampuram, con video qui ed intera sezione dedicata nel Sari Shop di Sari Safari qui.

    mercoledì 3 marzo 2010

    Salsa di yogurt e menta (Pudina Raita)

    Ricetta semplicissima per una raita gradevole e rinfrescante.

    Si fa con:
    Un vaso da mezzo chilo di yogurt bianco intero
    Una manciata di foglie di menta
    Un cucchiaino di cumino pestato/tritato
    sale q.b.
    facoltativo: un pizzico di peperoncino in polvere

    La cosa è semplice: mettete la menta ed il cumino nello yogurt, infilateci il frullatore ad immersione e frullate brevemente.
    Non frullate troppo perchè altrimenti la menta dà fuori l'amaro.
    Salate a piacere.

    Una versione popolare prevede l'aggiunta di mezzo cetriolo affettato finissimo o tritato.

    Questa salsa si mantiene per 2-3 giorni in frigo.

    Riso saltato al limone

    Un classico della cucina indiana del Sud.

    Ricetta osservata dalla meritoria opera di Ram Mohan, ingegnere brahmino di Bangalore ed ottimo cuoco, in zona per lavoro ed amico di un caro amico - che essendo un buon amico ha organizzato una cena da me in cui Ram ha cucinato per la compagnia.

    Ram non usa bilance nè misuratori di sorta, si va ad occhio!
    Fornisco delle approssimazioni comunque.

    Vi serve:
    Riso basmati cotto, per 4 persone
    zenzero (1 cm) tritato finemente
    alcune foglie di curry (indispensabili!)
    1 cucchiaino di cumino
    1/4 di cucchiaino di semi di fieno greco
    un pizzico di assafetida
    mezzo cucchiaino di semi di senape
    1/2 peperoncino verde a fettine
    due cucchiai di arachidi spezzettate o tritate grossolanamente
    una presa di curcuma
    2 cucchiai di olio di semi
    il succo di mezzo limone

    Procedura:
    - scaldate bene l'olio in una padella
    - soffriggete i semi di senape ed il cumino per qualche secondo
    - aggiungete nell'ordine: assafetida, fieno greco, zenzero, peperoncino, le foglie di curry e le arachidi e saltate a fuoco vivace, mescolando, per circa un minuto (finchè la base è ben dorata ma non bruciata)
    - Aggiungete curcuma e riso e saltate
    - Aggiungete il succo di limone, mescolate, assaggiate ed aggiustate di sale

    Enjoy!


    foto qui

    Crema dolce di latte di cocco e riso basmati (Idichu Pizhinja Payasam)

    Il kheer, il budino di riso alle spezie di cui avevo già dato la ricetta nel blog, si chiama payasam nel Sud dell'India (payesh nel nord-est).


    Oggi siamo in Kerala, lato ovest della punta meridionale dell'India (quasi di fronte ci sono le Maldive), luogo di esotiche località di villeggiatura e cibo piccantissimo persino per gli indiani. 


    Questo payasam ha un nome impronunciabile che descrive il processo di estrazione del latte di cocco in un apposito mortaio (Idichu Pizhinja = "pesta e spremi").  La lingua è il Malayalam, lingua ufficiale del Kerala e diffusa anche in altri distretti meridionali.


    Questa versione è relativamente lontana dall'originale keralita per ovvi motivi. 
    Se voleste fare l'originale, dovreste avere il cocco verde (non quello che arriva da noi) ed il mortaio apposito, estrarre il primo latte di cocco (quello denso) e metterlo da parte, annacquare un po' la polpa ed estrarre un secondo latte e mettere da parte, ripetere l'operazione e bollire il riso nel terzo latte... devo andare avanti?


    Per 4 porzioni (piccole ma intense) vi servono:


    • 50 grammi di riso basmati (1/4 di tazza)
    • 200 ml di latte di cocco (quello denso che si usa anche per il cibo thai)
    • 1 tazza di jaggery (zucchero di palma) grattugiata o 100 grammi di zucchero di canna
    • una punta di cardamomo in polvere (facoltativo)
    • facoltativo ma consigliato: 10-20 grammi di ghi (burro chiarificato) o burro, bio
    • una tazza (circa 240 ml) di acqua o latte bio (potete anche usare il resto della lattina di latte di cocco ma viene molto pesante da digerire)
    • un piccolo pizzico di sale


    - Bollite a tre quarti e scolate il basmati.
    - Sciogliete lo zucchero/jaggery in un padellino (meglio una piccola antiaderente a bordi alti) in pochi cucchiai di acqua calda.
    - Mettete tutti gli altri ingredienti tranne il cardamomo nel padellino.
    - Mescolando regolarmente, fate sobbollire il composto per una quindicina di minuti. Nel frattempo scaldate l'acqua o latte.
    - Aggiungete l'acqua/latte e continuate a far sobbollire, per altri 20 minuti circa. 
    A seconda di quanto è larga la vostra padella e basso/alto il fuoco, e quanto lento o denso volete il payasam, vi serve un diverso tempo di cottura ed una diversa quantità d'acqua/latte. Ricordate che qualsiasi liquido cotto con amidi dentro si addensa molto quando si raffredda. L'uso della jaggery invece dello zucchero aumenta ulteriormente la densità.
    Un buono standard è avere un fluido cremoso ed un riso "consumato" ma non sfatto.
    - Aggiungete il cardamomo e fate sobbollire altri 5 minuti.
    - Potete servire caldo o freddo (consigliato) e decorare con cocco grattugiato (o con del mukhwas per una cosa creativa).


    Prendete un boccone, chiudete gli occhi, immaginate le palme del Kerala ed il suono delle onde che si infrangono sulla battigia. Ripetete ad libitum.








    Versione della mamma, gran chef mancata ma irrimediabilmente occidentale nel gusto:
    aggiungete la polpa di mezza stecca di vaniglia a inizio cottura del payasam;
    sostituite il cardamomo con scorza d'arancia.


    Per chi di voi ha notato che il post adesso è diverso dalla prima versione:
    Il post è stato modificato qualche giorno più tardi per dei miglioramenti alla ricetta in caso di utilizzo di zucchero (che presumo sia quello che la grande maggioranza di voi userà) invece che jaggery.

    Sari del Bengala

    Nel Bengala - occidentale ed orientale, quest'ultimo oggi Bangladesh - si producono splendidi sari.

    Abbiamo già visto i pregiati Baluchari nell'apposito post.

    I sari Jamdani sono tessuti in cotone leggerissimo ed arioso;
    nella loro trama è "incastrato" del filo per fare delle specie di ricami.
    Il filo del ricamo non è passato con l'ago sul tessuto finito, come nel normale ricamo, ma inserito in fase di tessitura; le code del filo così incastrato rimangono "volanti" ma resistono benissimo anche alla lavatrice, provare per credere.
    I disegni del ricamo sono anche elaborati ma più spesso semplici e geometrici.

    Gli Jamdani sono tessuti in diverse lavorazioni specifiche.

    Un tipo di Jamdani molto diffuso è il Tangail o Tengail, economico e caratterizzato da una lavorazione con una decorazione a fili alternati in tessitura.

    Il Dhakai è un tipo di Jamdani particolarmente pregiato, che si distingue per la maniera più complessa di gestire i fili che arricchiscono trama ed ordito di base.

    I sari Tant si distinguono dagli Jamdani per il fatto di avere le fantasie effettuate interamente con i fili di tessitura, cioè senza aggiunta di altri fili "a ricamo".
    Il corpo del sari è solitamente di cotone leggerissimo mentre bordi e pallu risultano più pesanti per le lavorazioni decorative, che possono essere anche in zari (filo metallico).


    Immagini da sari Magic eccetto che per l'ultima foto, qui

    martedì 2 marzo 2010

    Sari dell'Orissa

    Siamo nella parte meridionale del golfo del Bengala.

    I sari oriya (oriya è l'aggettivo che descrive ciò che è dell'Orissa) hanno molto a che fare con la divinità induista più adorata dello Stato, cioè Jagannath.
    A Jagannath sono associati colori ed elementi figurativi che ritroviamo nei sari oriya, cioè giallo, nero, rosso e bianco; conchiglie, ruote, fiori di loto e triangoli che richiamano le strutture piramidali dei templi della regione.
    In particolare, cioè che viene chiamato "temple border" è un tipo di decorazione del bordo del sari appunto a sottili triangoli (nel primo sari in foto, ad esempio).

    Nel tempo i sari oriya si sono adattati alle mode moderne ed hanno espanso la gamma dei colori e delle decorazioni.

    La lavorazione di base è l'ikat, che ho già descritto qui.

    I sari Bomkai sono un adattamento dello stile tribale di certi villaggi oriya.
    Si trovano sia in seta che cotone. Le sete oriya hanno un particolare aspetto metallico.
    Hanno decorazioni geometriche tipiche su bordi e pallu.
    Sari Magic ne ha un'intera sezione! Se andate su "ricerca avanzata" e scegliete di includere i pezzi venduti, otterrete una galleria molto più ampia.

    I Sambhalpuri sono simili, ma più riccamente lavorati.

    (Tutte le immagini del post sono prese da Sari Magic)
    I Bandha, detti anche "doppio ikat", hanno una lavorazione che, come il nome suggerisce, implica la tintura in filo sia della trama che dell'ordito.
    Hanno solitamente sia il corpo che bordi e pallu del sari in fantasie geometriche.

    Nell'Orissa si producono diversi altri tipi di sari, simili a quelli di cui sopra, che prendono il nome dalle cittadine di manifattura.
    I Pasapalli richiamano le scacchiere (pasa è il nome di un gioco simile agli scacchi);
    i Khandua Pata sono una versione economica dei Sambhalpuri;
    i Behrampuri Pata sono più semplici nei disegni, ma di pregiata seta pesante.