venerdì 31 dicembre 2010

Samosa in pasta sfoglia

Non conosco quasi nessuno che, conoscendo le samosa, non dica che sono deliziose...
E' uno degli snack preferiti dagli indiani e non solo.

La parte difficile e scomoda della samosas però è fare la sfoglia e friggere gli involtini.
Esiste una versione "fusion", o meglio, "furba", delle samosas, fatte al forno in pasta sfoglia.

Difficoltà: facilissimo
Risultato: ottimo

Per 32 piccoli fagottini (misura grosso pasticcino):
(cfr post su misure e conversioni)

2 rotoli di pasta sfoglia rettangolare
3-4 patate di media misura
1 tazza di piselli surgelati (NO scatola)
1 cucchiaino di zenzero grattugiato fresco
1/2 cucchiaino di garam masala
1/2 cucchiaino di amchoor (polvere di mango verde - sostituibile con un cucchiaio di succo di limone)
succo di mezzo limone
1/2 cucchiaino di semi di finocchio 
1/2 cucchiaino di semi di cumino orientale 
1 pizzico o 2 di peperoncino in polvere
una presa di zucchero
facoltativo ma consigliato: una manciatina di arachidi tritate
facoltativo ma consigliato: 1 cucchiaino di foglie di coriandolo tritate (essiccate vanno bene)
sale q.b.

La cosa è semplice: 
Lessate i piselli a metà cottura e lessate completamente le patate in acqua salata.
Tagliate le patate a cubetti di mezzo cm - 1 cm di lato.
Pestate i semi di finocchio e di cumino in un mortaio, polverizzandoli o quasi.
Unite tutti gli ingredienti in una terrina e mescolate bene. 
Assaggiate per regolare sale e peperoncino.
Se il composto è troppo asciutto e "non sta insieme", si presenta sbriciolato, inumidite con pochissima acqua.
Preriscaldate il forno a 180°.
Stendete ciascun rotolo di pasta sfoglia e dividetelo in 16 quadretti.
Prendete un rettangolino alla volta, passatelo col mattarello per appiattirlo ed ingrandirlo.
Adagliate al centro 1 cucchiaino colmo di impasto, richiudete unendo gli angoli come il retro di una busta da lettere.
Adagiate ciascun fagottino sulla placca da forno, foderata di carta da forno, tenendo "la chiusura" del fagottino sotto ed il lato uniforme in alto.
Fate cuocere fino a doratura, a 180° per 20 minuti e a 200° per altri 5 minuti (controllate però, i forni non sono tutti uguali!).
Dovreste ottenere dei graziosi, gonfi cuscinetti dorati.
Servite caldi o al limite tiepidi con un chutney o anche più di uno (di mango, di tamarindo, di ananas, di menta, di melograno... - alcune ricette sono nel blog sotto l'etichetta "salse").

Deliziosi!!

chutney di melograno

Mi serviva del chutney di tamarindo ma non avevo trovato il tamarindo.

Mi sono ricorata che il melograno, come sapore, lo ricorda, ed n casa ho un sacco di composta (=gelatina, una marmellata liscia e poco zuccherata) di melograno.

Ho provato quindi a fare un chutney partendo dalla marmellata, e ci sono riuscita!!
Delizioso e quasi uguale come aspetto al chutney di tamarindo! Anche il sapore è molto simile!

Chatni di Melograno
(per le quantità esatte dei "cucchiaini" cfr post "misure e conversioni")

Un vasetto di gelatina/composta di melograno da 250-300 ml
Il succo di mezzo limone
Qualche cucchiaio di aceto
1 cucchiaino colmo di zenzero FRESCO grattugiato
1/2 cucchiaino di semi di finocchio
1/2 cucchiaino di semi di cumino orientale
Peperoncino in polvere (da 1/2 a 1 cucchiaino)
Sale (1 - 1,5 cucchiaini)

In un pentolino, mettete a scaldare la marmellata con qualche cucchiaio d'acqua.
Unite il succo di limone, qualche cucchiaio d'aceto (la quantità dipende da quanto acido volete il chutney e quanto è acida la vostra composta; io ne ho usati circa 4), sale e peperoncino.
Mescolate regolarmente con un cucchiaio di legno.
A parte, mentre il composto cuoce, tostate brevemente (fino a che iniziano appena a cambiare colore) i semi di cumino e di finocchio a secco in un'antiaderente (senza teflon); poi pestateli in un mortaio riducendoli in polvere.
Fate sobbollire pochi minuti ed aggiungete lo zenzero e le spezie pestate.
Fate cuocere ancora pochi minuti sempre mescolando; aggiustate di aceto, di sale e di peperoncino.
Versate in un vasetto ed attendete che sia tiepido prima di avvitare il tappo.
Conservate in frigo e consumate entro qualche settimana.

lunedì 27 dicembre 2010

khichdi affumicato

Creazione fusion per questo khichdi (piatto unico di lenticchie, riso e verdure) salutare e dal corroborante gusto invernale.

Per 4 persone:

2 etti di lenticchie verdi bio
2 etti di riso integrale bio
mezzo cavolfiore, a cimette
una cipolla, tritata
uno spicchio d'aglio, tritato
1 cucchiaino di zenzero fresco, grattugiato
mezzo cucchiaino di garam masala
un pezzetto di burro
1 cucchiaino di miso o un po' di tamari (facoltativi ma consigliati)
mezz'etto di ricotta affumicata (non sostituire con altri formaggi) oppure tofu affumicato

Lessate il riso integrale, scolatelo e tenetelo da parte.
Lessate il cavolfiore in acqua salata edacidulata (con aceto o succo di limone) e tenete da parte.
Stufate le lenticchie:
   soffriggete la base di cipolla, aglio e zenzero
   aggiungete le lenticchie ben lavate
   fate cuocere aggiungendo acqua bollente secondo necessità
   aggiungete miso e dado vegetale q.b.
Unite riso, lenticchie e cavolfiore e condite con il burro e il garam masala
Nei piatti individuali, aggiungete sopra al "khichdi" una bella grattugiata di ricotta affumicata (o tofu affumicato), passata dalla grattugia a buchi larghi.

Buon appetito!!

domenica 26 dicembre 2010

Lenticchie d'inverno (all'arancia)

Rielaborazione della ricetta di Lenticchie all'Arancia del Cucchiaio Verde.

Piatto gustoso, davvero semplice da preparare e molto molto sano; fa "inverno" ed è molto adatto anche alle feste.
L'aroma di arancia è discreto, contribuisce al sapore complessivo senza spiccare.

Per 2-4 persone (a seconda se come contorno o piatto principale)

2 etti e mezzo di lenticchie verdi bio, magari di Castelluccio
una piccola cipolla o mezza grande
uno spicchio d'aglio
2 cucchiai di olio extravergine novello
1 cucchiaino di miso
dado vegetale e sale q.b.
una grattugiata di zenzero
una macinata di pepe nero
un'arancia non trattata
un pizzico di zucchero

Tritate la cipolla e l'aglio e fateli soffriggere brevemente con lo zenzero, in un cucchiaio d'olio.
Aggiungete le lenticchie (lavate), e fate cuocere coperto d'acqua bollente fino a metà cottura.
Aggiungete miso, dado vegetale e la scorza dell'arancia grattugiata.
Spremete poi l'arancia (se è molto grande, spremetene solo metà) ed aggiungete il succo alle lenticchie, con un pizzico di zucchero.
Completate la cottura, aggiungendo acqua bollente secondo necessità ed aggiustando di sale.
A fine cottura, aggiungete l'altro cucchiaio d'olio a crudo ed una macinata di pepe.

Buon appetito!

...si morrebbe, non di spavento ma d'amore...

...Scusate il periodo d'assenza ma ero impegnata a superare l'esame di Stato...

Natale, tempo di "ritiro di comunità educativa" nella nostra scuola (cattolica).
Non sono cattolica ma mi piace lavorare coi cattolici per una serie di buoni motivi di cui magari parlerò più avanti.

Quest'anno è venuto a proporre un intervento niente meno che il vescovo.
Discorso "alto", da facoltà di teologia, non privo di spunti profondi e toccanti.

Tutto il discorso era imperniato sul ruolo della "parola di Dio" per la comunità educativa, cosa molto importante per i cristiani che, nelle parole del vescovo riprese da quelle di Gesù, "vivono di parola di Dio".
[non entro ora nella discussione dell'errore di fondo nell'interpretazione ecclesiastica di questo sacro concetto e conseguenti notevoli ricadute pratiche... dico solo... om!]

Il discorso proseguiva essenzialmente sul fatto che gli educatori devono rendersi portatori della parola di Dio, essere educatori su quella base.

Nel dibattito a fine discorso qualcuno aveva portato la difficoltà a mettere in pratica la Parola, sia nel senso del saper agire "sul momento" in un'infinità di casi specifici traducendo il generale nel particolare, sia nel senso di riuscire ad essere all'altezza di quanto dice il Vangelo.

Altri avevano condiviso di essere stati stimolati una volta di più a riflettere sul fatto che "non si insegna ciò che si sa, ma ciò che si è". Grande verità.

Non sono intervenuta, ma avrei voluto dire che la risposta a chi aveva condiviso la propria difficoltà poteva venire proprio collegandosi a chi aveva evidenziato che non si insegna ciò che si sa ma ciò che si è.
Pensare di applicare istantaneamente dal generale al particolare ed in modo perfetto ciò che dicono i Vangeli nelle centinaia di occasioni di una giornata, magari in una scuola con ragazzi difficili, non credo sia cosa da potersi chiedere ad un essere umano. Crea solo sensi di colpa inutili, come se i poveri cattolici non ne avessero già abbastanza.

Quello che secondo me ha senso fare per essere educatori, e persone in generale, "portatori della parola di Dio" è esserne informati - non nel senso di esserne a conoscenza, ma nel senso etimologico di in-formare, cioè farla entrare nella nostra forma, farci forgiare da essa.

Ma non si deve intendere solo come ascolto, per quanto col cuore, del Vangelo, che pure va bene, ma come accoglienza della Parola, del Verbo (vibrazione cosmica, OM) dentro di noi tramite la meditazione. Sì ok anche la preghiera e la lettura delle scritture fa questo ma va così piano!!

Se si cambia la nostra struttura vibrazionale facendosi in-formare dal Verbo, allora saremo persone diverse, ci comporteremo e parleremo in modo diverso, trasmetteremo ed insegneremo cose diverse. Senza alambiccarsi il cervello e patire stress infami cercando di arrivare con la mente umana al di là di se stessa.
Come diceva Einstein, "nessun problema può essere risolto usando lo stesso livello di coscienza che lo ha creato". Motivo per cui bisogna meditare :-)

Parlando ancora del fatto che non tutto si può o si deve capire con la mente umana perchè ciò che la trascende è infinitamente di più di ciò che essa può comprendere...
Non ricordo come il vescovo sia arrivato a questa citazione - non come l'ho poi collegata io - ma l'ho trovata meravigliosa. Non avrei scritto tutto l'articolo, che in fondo sono quattro ovvietà (chiedo scusa), se non avessi avuto la citazione da attaccare alla fine.
Citazione di san Giovanni Maria Vianney, aka il curato d'Ars, patrono dei sacerdoti.
GMV parlava del sacerdote, ma estendo il concetto a tutti.

"se si potesse comprendere il mistero [della creazione] si morrebbe... non di spavento, ma d'amore"

E' talmente bella che ve la lascio così, da assaporare, da meditare, senza aggiungere commenti....

venerdì 26 novembre 2010

Sull'amore incondizionato

L'amore incondizionato è molto inflazionato al giorno d'oggi.

Piccola introduzione tanto per metterci d'accordo su ciò di cui si parla:

L'amore incondizionato come concetto ci arriva dalla psicologia, dalle teorie delle relazioni oggettuali (ad es. Bowlby), e si oppone all'amore condizionato che è una strategia tipica della larga maggiornaza dei genitori.
L'amore condizionato è quello per cui "ti voglio bene se ... a b c..." e "non ti voglio bene se ... x y z ...", e visto che l'amore del genitore è la cosa fondamentale per un bambino, il bambino farà ciò a cui il genitore condiziona il proprio amore - e mi fermo qui senza entrare nei libri che sono stati scritti sulle implicazioni di questo.
L'amore incondizionato è quello per cui "io ti voglio bene comunque" senza "se"; se c'è un comportamento sbagliato o qualcosa che non va bene, si mette in discussione il comportamento e non la persona - e ad ogni modo non si ritrae il proprio amore per la persona in sè.

L'amore incondizionato è molto di moda nelle varie correnti "New Age".
Se ne parla molto, forse molti credono di praticarlo, ma ci sono alcune fondamentali domande a riguardo, che probabilmente molti neanche si pongono:

Come si mette in pratica l'amore incondizionato? Ne siamo effettivamente in grado?
Come posso essere sicuro/a che il mio amore incondizionato non sia amore condizionato travestito da incondizionato?
Come posso essere sicuro che il mio concetto di amore incondizionato non sia condizionato (scusate il gioco di parole ma ci sta) dal mio orizzonte intellettuale-storico-culturale?

Le mie personali risposte alle prime due domande sono:
provo a fare del mio meglio, ma in fondo non lo so, ed anzi ho forti riserve su come me la cavo su quel fronte - io e l'essere umano in generale

La mia risposta alla terza domanda (da psicologa socioculturale quale sono) è:
impossibile, anzi, sono ragionevolmente sicura dell'opposto

Non vado oltre qui, solo un po' di food for thought...
Continuate le riflessioni voi per voi...

Umiltà intellettuale... svegliamoci la mattina e ricordiamoci dell'umiltà intellettuale... altrimenti, come sempre nelle correnti spirituali, tutti bravi a sentirsi tanto avanti, tanto buoni e tanto nel giusto...

[L'idea del post mi era venuta pensando a tutte le volte in cui un certo americano mi ha parlato di amore incondizionato... tutto il rispetto per gli Stati Uniti, ma benedetti, proprio mancano di insight culturale (cioè: pensano che come vedono loro le cose sia l'unico modo giusto, vedono un assoluto invece di un relativo - ve ne accorgete anche dalla loro politica estera no?). Per questa persona, aggiungete, al background americano, un amore condizionato travestito da amore incondizionato per mancanza di insight personale (nonostante le sue numerose altre doti)... ed il risultato è talmente disastroso che rasenta il comico...]

martedì 23 novembre 2010

Vidya Balan su FHM Magazine

A settimane dall'uscita di questa foto...

...è ufficiale... la adoro!

Il sari, la foto, Vidya.



(All rights and credits to this photo are their respective owners')

sabato 13 novembre 2010

curry di seitan, peperone e mango

Un sapore insolito, deciso ed interessante per questa mia creazione fusion

Per 3 persone:

1 mango, tagliato a cubetti/bocconcini
250 gr di seitan alla piastra, a quadretti di 2x2
1/2 cipolla grande o 1 piccola, a quadretti di 1,5x1,5
1 peperone verde o rosso, a quadretti di 2x2
2 cm cubi di zenzero fresco, grattugiato
peperoncino q.b., preferibilmente fresco
succo di 1/2 limone
un pizzico di assafetida
una presa di foglie di curry (5-7)
1/4 di cucchiaino di cumino orientale in polvere
una presa di zucchero
20 g di olio vegetale, margarina o burro
1/8 di cucchiaino di semi di fieno greco (facoltativo)

Scaldate l'olio in un'antiaderente senza teflon.
Fate soffriggere assafetida e fieno greco per 30 secondi, aggiungete poi zenzero e foglie di curry e fate soffriggere, senza bruciare, fino a che l'odore crudo dello zenzero se n'è andato.
Aggiungete cipolla, cumino e peperone e fate rosolare per pochi minuti.
Aggiungete il seitan e fatelo rosolare qualche altro minuto.
Unite il mango e fate cuocere con poca acqua bollente, sale e peperoncino.
A cottura quasi ultimata (guardate la cottura del peperone, che dovrà essere cotto ma sodo), aggiungere lo zucchero ed il limone, amalgamate ed aggiustate di sale e peperoncino.

Servite con virtualmente qualsiasi cereale d'accompagnamento: pane indiano (magari un roti integrale), riso al vapore, quinoa, patate, persino un couscous...

mercoledì 10 novembre 2010

Sonia Gandhi ed Obama

Occupandomi sempre solo dell'abito (e del monaco, ma non in questo post :-) ) e non di politica in questo blog...

Ecco la nostra conterranea Sonia Gandhi in un'apparizione impeccabile e rappresentativa sia del suo Paese d'adozione che di quello d'origine (per la sobrietà, l'eleganza, la cura nella scelta degli elementi, l'adeguatezza al contesto).

Love it!


Foto da High Heel Confidential qui, copyright Viral Bhayani

sabato 30 ottobre 2010

Vita notturna

Ieri ho ricevuto un istruttivo tour in un mondo fino ad allora a me sconosciuto: un night ed un locale di lap dance. 


Come diceva MCKS riguardo a posti come Las Vegas, è bene andarci almeno una volta, per osservare ed imparare qualcosa di più sul mondo - e per esercitarsi a non avere pregiudizi, non giudicare, e stare bene in qualsiasi contesto. 


Avevo detto di no a più di una proposta di andare a Vegas quand'ero in California, ma stavolta ho accettato (anche se per visitare ben meno di Vegas).


Immaginate una come me - che negli ultimi 10 anni si è abituata, in parte per circostanze, in parte per necessità, in parte per scelta, a non andare quasi mai per locali di alcun genere, neanche "normali" - che una sera viene tuffata, a mo' di bustina di tè, nel mondo della vita notturna. Che sbalzo!


Ora, ho avuto modo di osservare che uno dei moltissimi modi in cui si possono suddividere le persone sul percorso spirituale è in base al loro atteggiamento verso ciò che non è "spirituale". 
C'è chi, per ortodossia o per cautela, sta ben lontano da tutto ciò e tutti coloro che non sono "spirituali". 
Poi c'è chi, pur seguendo abitualmente la propria scelta di vita, non ha problemi a relazionarsi con chiunque e ad andare da qualsiasi parte. 
In realtà queste due posizioni sono poli di un continuum e la grande maggioranza delle persone (me compresa) si trova in qualche punto tra i due poli, e la stessa persona può attraversare fasi diverse o reagire in maniera diversa in momenti diversi.
Comunque, chi conosce il blog sa che non sono con gli ultraortodossi ma con gli elastici. Riconosco che la mia è una posizione non unanime e forse neanche prevalente tra le persone sul percorso spirituale, ed ammetto la possibilità che siamo noi "elastici" a sbagliare.


Tornando a ieri, l'esperienza è stata davvero interessante e diversa da come me l'aspettavo.


Come diceva l'amico che mi ha accompagnata, le persone che non sono mai andate in locali del genere pensano che si tratti di luoghi infernali di perdizione con scene alla Bosch (il pittore, non la ditta), mentre in realtà sono addirittura più "sani" di tante discoteche.


Ora, i miei ricordi delle discoteche sono lontani negli anni, e forse nel frattempo è cambiato qualcosa, ma per quel che ricordo io confrontato con quello che ho visto ieri sera, l'amico ha ragione. Nel senso che non c'è "casino" (passatemi il termine, ma nel contesto è anzi azzeccato), tutti sono molto composti, l'unica cosa diversa da un qualsiasi locale è la presenza di ragazze quasi nude. 


Prima di partire mi chiedevo se avrei trovato un ambiente soffocantemente pesante, se avrei trovato semplicemente persone moleste o che si comportavano male, mi immaginavo diversi scenari possibili, compreso quello che avrei finito per reagire splittando il comportamento esterno (adeguatamente sociale) da quello interno (preghiera).


Niente di tutto ciò. 
Ok, tamas è tamas, che il posto fosse energeticamente buio era scontato. Ma non c'era niente di molesto, niente di soffocante, da nessun punto di vista.
Sarà che, se iniziate a onorare Dio in ogni luogo, in ogni momento ed in ogni persona, è difficile che qualsiasi ambiente, evento o persona vi risulti eccessivamente pesante o intollerabile. Provate, è una buona cosa.


Comunque, ad un certo punto mi sono trovata a sorridere perchè invece di tutto quello che avevo immaginato, quello che c'era era... una pausa.
Il locale era una specie di non-luogo, in cui sembrava che il tempo si fosse fermato, che tutto fosse in un'atmosfera sospesa, come una specie di pausa dell'Orient Express in mezzo al nulla. Come se il resto del mondo andasse avanti, e quella fosse una "bolla". La cosa mi ha colpito.


Mi sono chiesta perchè fosse così e la risposta che mi sembrava avesse senso è che lì le anime stanno ferme. Non c'è niente di evolutivo in quello che fanno. Non imparano nulla di nuovo, non si attivano, non si mettono alla prova - fosse anche per fare qualcosa di sbagliato.
Prendete uno svago fisicamente quasi immobile come la pesca da posta. Evolutivamente è dinamico, perchè uno studia, ragiona, si mette alla prova, esercita pazienza e perseveranza... Ma in un night apparentemente non si fa niente che apporti un qualsiasi valore aggiunto.


L'unica "energia dinamica" era quella delle ragazze, che sono lì temporaneamente per farsi i soldi per i loro progetti (chi per aprirsi un bar qui, chi per farsi la casa nel proprio Paese etc), e quella dei gestori.


Quindi, ero lì, serena, osservavo questa "deformazione spaziotemporale"... questa specie di parco-giochi in mezzo al niente lungo i binari dell'Orient Express... ed ho pensato "Madre, ripartirà il loro treno". E' sempre solo una questione di tempo.
Come diceva MCKS, non si può chiedere al grano di crescere più in fretta; se tirate la pianta per farla allungare, al massimo la strappate.


Comunque, l'esperienza l'ho fatta, e adesso... mai più! 

venerdì 29 ottobre 2010

Il santo tessitore

Ce l'ha fatta! Un libro che non fosse un regalo è riuscito ad introdursi nella mia biblioteca dopo tanto tempo di "no, prima devo mandare giù la pila di quelli che già mi aspettano"!!

E' nientemeno che i Canti di Kabir in edizione Sellerio (avrei voluto l'edizione inglese tradotta da Tagore, ma zio Rabindranath ha un inglese troppo ricco ed antiquato per le mie modeste capacità da americano contemporaneo... anzi avrei preferito Kabir stesso... a capire l'hindi medievale... sigh...)


Mi sono comprata online un libro che mi serviva per l'esame di stato ed ho fatto una piccola aggiunta personale all'ordine... avevo appena letto una citazione di Kabir sull'altra new entry, God Alone di Gyanamata (non ho neanche parole per quel libro... ma non mi stupirei a vederlo levitare nella stanza da quanto è in alto :-D )... e non ho resistito...

I Canti di Kabir sono un libro che si vede spesso in mano ai monaci SRF, tenuto con un misto di reverenza ed amore che si riserverebbe ad un neonato figlio di re, e viene spesso citato da Yogananda.

Kabir, un grande illuminato dei secoli bui, umile tessitore,
il santo dell'unità delle religioni, "figlio di Allah e di Rama",
santo della trascendenza e dell'amore di Dio e per Dio,
della quintessenziale bhakti (devozione)
santo dell'esperienza diretta di Dio,
e quindi della meditazione e del brahmachariato,
cioè del praticare la presenza di Dio in ogni momento,
al di là dei dogmi, degli intellettualismi e delle forme della religione.

Senza fare doppioni sulla rete, vi rimando alla gradevole e puntuale introduzione scritta da Lakshmi (non quella della SCA Vijayangara, un'altra) per Qui e Ora.
Vi consiglio di leggerla, absolutely!

Qui vi traduco al volo un poemetto che si trova online su http://www.poemhunter.com/kabir/
Vi consiglio questa fonte (hindi + inglese) per una consistente selezione dei Canti.

Mi stai cercando? Sono sulla sedia accanto alla tua.
La mia spalla poggia contro la tua.
Non mi troverai negli stupas, nè nelle stanze di templi indiani,
Nè in sinagoghe, nè in cattedrali;
Non in messe, nè in kirtan; non in gambe che si torcono
Attorno al tuo stesso collo, nè nel mangiare null'altro che vegetali.


Quando mi cerchi veramente, mi vedrai istantaneamente -
Mi vedrai nella più infinitesima casa del tempo.


Kabir dice: Studente, dimmi, cos'è Dio?
Egli è il respiro dentro il respiro.

giovedì 28 ottobre 2010

Insalatona di rucola, pompelmo, quartirolo e noci

Un gustoso piatto unico leggero, o come secondo vegetariano per un pasto più abbondante.

Per ogni persona:
- una fondina o terrinetta di buona rucola
- un quarto di pompelmo
- 50 grammi di quartirolo
- 4-5 noci intere (8-10 gherigli a metà)
- un buon olio extravergine
- agro di umeboshi
- aceto balsamico (facoltativo)
- sale e pepe a piacere

Pelate il pompelmo a vivo e tagliate ogni fetta a tocchetti;
Tagliate il quartirolo a cubetti e le noci in quarti
Unite il tutto nelle terrinette o fondine individuali
Condite con l'olio ed una spruzzata di aceto di umeboshi e qualche goccia di balsamico
Mescolate ed assaggiate per sapere se vi serve sale e/o pepe - questo dipenderà dai gusti e dagli ingredienti a disposizione (ad esempio, quanto è salato il vostro quartirolo)

...Enjoy!

martedì 19 ottobre 2010

Politica, media e controllo dell'opinione pubblica

Mi è arrivato via mail un bel riassunto in italiano del modello della propaganda del grande zio Noam, che condivido volentieri.
Tutti i riferimenti originali su en.wikipedia.org/wiki/Propaganda_model

Ecco qui l'articolo:


La manipolazione mediatica ormai non ha confini. Il consenso politico e quello d'opinione è regolato attraverso ben precise strategie mediatiche che si appoggiano su 10 regole di base. Noam Chomsky ci aiuta a svelare l'inganno.


In questi giorni di forte instabilità politica si riaccendono i toni e si rimescolano i temi che hanno animato il calderone mediatico degli ultimi 15 anni: sicurezza, giustizia, economia, tradimento, sesso. Nel nostro Paese succede che molti ingenui continuino ad esempio a meravigliarsi delle boutade del presidente del Consiglio, limitandosi a bollare barzellette e proclami del premier brianzolo come uscite inammissibili, senza considerare quanta macchinazione logica stia dietro ad ogni singola affermazione. Un meccanismo ben oliato a cui fanno ricorso non solo uomini politici, ma esperti di marketing e uomini di potere in genere. Un noto studioso di linguistica come Noam Chomsky ha stilato una lista di 10 regole, che vengono utilizzate per drogare le menti, ammaliandole, confondendo in loro ogni percezione, rimescolando realtà e fantasia, evidenza e costruzione illusoria. Ecco quali sono:

1-La strategia della distrazione

L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. “Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni

Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3- La strategia della gradualità

Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4- La strategia del differire

Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e per accettarlo rassegnato quando arriverà il momento.

5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini

La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).

6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione

Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette di aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre determinati comportamenti….

7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità

Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia, e rimanga, impossibile da colmare dalle classi inferiori".

8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità

Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...

9- Rafforzare l’auto-colpevolezza

Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano

Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.

(da Res Marche)

martedì 21 settembre 2010

Mini cornetti alle noci

Piccola pasticceria da sfizio e da urlo.

Mini cornetti con una pasta non-dolce a base di ricotta, croccanti e friabili, che si sciolgono in bocca.
Raffinato ripieno di frutta secca e cioccolato, con una punta di cannella.

NB l'impasto va fatto con almeno 5 ore d'anticipo!

Per 60 mini-cornetti:

Per la pasta: 150g di burro, 225g di ricotta, 250g di farina, 1 cucchiaino raso di sale

Per il ripieno: 70g di noci, 100g di cioccolato fondente, 40g di zucchero, 1 cucchiaino colmo di cannella, 50g di uva passa ammollata, 2 noci di burro

Per decorare: zucchero a velo e cacao in polvere

- Lavorate burro e ricotta fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo
- Unite la farina setacciata, il sale, impastate fino ad ottenere una bella palla e avvolgete in cellophane
- Lasciate a riposare in frigo per almeno 5 ore

- Tostate le noci e fatele raffreddare. Tritate insieme tutti gli ingredienti del ripieno nel tritatutto, aggiungendo però il burro alla fine
- Scaldate il forno a 180°

- Dividete la pasta in 6 palline di grandezza uguale (eventualmente pesatele)
- Stendete ciascuna col mattarello ricavandone dischi sottili (tipo 20cm di diametro)
- Tagliate ogni disco in 10 spicchi, come una pizza
- Sulla base esterna di ogni spicchio ponete un mini-salsicciotto di ripieno, ed arrotolate dalla base alla punta
- Continuate così fino ad aver fatto i 60 cornetti, disponendoli sulla teglia ricoperta di carta da forno
- Cuocete per 25-30 minuti fino a doratura
- Una volta freddi, spolverizzate con abbondante zucchero a velo ed una spruzzata di cacao

Fatene in abbondanza perchè vanno a ruba!


(immagine a prestito da qui)

Brownies al cocco

Ecco un'ottima ricetta per dei brownies al cocco facili, veloci e di sicuro effetto!

Scusate il tag "cucina esotica"... ma anche la cucina americana è esotica ai fini di questo blog!

Innanzitutto, cos'è un brownie.
Non è una torta anche se ci assomiglia molto. E' una specie di tortina molto cioccolatosa e piuttosto umida e densa rispetto ad una normale torta al cioccolato; di solito si fa bassa (che venga alta un 3 cm) e si serve tagliata a quadretti tipo merendina.

Il non-plus-ultra del complimento che si può fare ad un brownie è che sia "chewy", "masticoso", cioè che sia appunto densa e umida, come torta. "Chewy" non è virtù di alcun alimento italiano che io conosca.

I brownies spesso si servono decorati con zucchero a velo o con qualche glassa o strato di cioccolato.

Per fare questi brownies munitevi di una tazza da misura (cup), 236 ml - molte tazze da tè "piccole" e molti bicchieri "piccoli" contengono, colmi, proprio una tazza.


Brownies al cocco, per una teglia da 30x30
Leggero adattamento della ricetta originale della Hershey's

1 tazza di burro (230g)
2 tazze di zucchero di canna
1 fiala di vanillina
4 uova
1 tazza di farina
2/3 di tazza di cacao amaro in polvere (60g)
1,5 tazze di farina di cocco (cocco in scagliette)
1/2 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
un goccio di batida o rum
Facoltativo: poca farina di cocco ed una tavoletta di cioccolato bianco con poco latte per decorare

- Preriscaldate il forno a 180° e predisponete la carta da forno nella teglia.
- Sbattete assieme burro, vanillina e zucchero poi incorporate le uova, una alla volta, fino ad ottenere un composto spumoso.
- Setacciate insieme cacao, farina, sale e lievito.
- Unite la farina al composto di uova sempre battendo.
- Unite il cocco e mescolate bene.
- Versate il composto nella teglia, livellate e fate cuocere per 25-30 minuti.
Il tempo di cottura dipende da quanto umidi e "chewy" volete i brownies. Più li cuocete, più arriveranno ad assomigliare ad una normale torta, perchè l'effetto "chewy" è dato semplicemente dal fatto che nella torta c'è poca farina e la cottura è incompleta. A 30' vengono tipo torta nel mio forno.
- Lasciate raffreddare nella teglia stessa: l'umidità deve restare dentro.
- Da freddi, decorateli a piacere. Consiglio di tagliarli, decorarli e ripassare i tagli.
Io ho sciolto il cioccolato bianco a bagnomaria con pochissimo latte ed ho fatto "schizzi e zig-zag" di cioccolato bianco; poi ho cosparso di cocco.

La foto non è, ancora una volta, del mio personale "prodotto" poichè non intendevo postare la ricetta ritenendola poco rilevante per il blog, ma i destinatari del dolce si sono dimostrati entusiasti e qualcuno ha chiesto che postassi la ricetta. Con piacere!


lunedì 20 settembre 2010

Crisi vegetariana e ritorno

La mia vita è sempre corsa molto veloce... faccio fatica a starle dietro... in termini di lezioni, cose nuove, cambiamenti. A volte ho l'impressione di vivere, compresse in una sola, le lezioni e le esperienze di 3-5 incarnazioni normali. Finora è andata "verso l'alto" la maggior parte delle volte, ed io bene o male "tengo botta", quindi va bene...
Ma vi racconto l'ultima, con un copia-incolla da FB. 
(nihil novum per chi mi legge su facebook quindi)



Un'improvvisa epifania ha messo alla prova il mio vegetarianesimo: la Madre Divina è esattamente nella verdura quanto nella carne quanto in tutto il resto del creato. Quando mangiamo, non mangiamo nient'altro che Lei/Lui, così come non vediamo, tocchiamo e respiriamo neint'altro, poichè Lei/Lui è Tutto. Morale della favola: venerdì pasta col tonno.


Appena postato questo su FB, un amico "ortodosso" mi ha subito cazziata dicendo che il vegetarianesimo non è uno stile di vita ma un mezzo per raggiungere determinati obiettivi.
Io mi diverto con gli ortodossi, perchè è sempre una forma di schiavitù, di rigidità, per quanto di rigidità verso "il puro". 

Al che risposi....
Eh già, è più o meno quello che dico a quelli che mi chiedono perchè lo sono (e continuerò ad esserlo). Ma un cambio di prospettiva, una ristrutturazione cognitiva, un insight ogni tanto sono salutari. Proprio GMCKS metteva in guardia dalla rigidità mentale. Ma per me non è stata una sorta di "scusa" o cosa mentale, ho proprio avuto un momento (ne ho avuti diversi nell'ultimo anno ma questo era il primo in cui ho pensato al cibo) in cui tutto, tutto, dentro e fuori, era la Madre Divina. mangiare, inspirare, espirare, aprire gli occhi, chiuderli, solo un flusso di forme diverse dell'unica Sostanza, della sua infinita intelligenza, del suo amore incondizionato.

Poi ho postato anche...



(Tanto per chiarire sono ancora, e continuerò ad essere, latto-ovo-vegetariana. Ma francamente penso che il mio cucchiaio di tonno non mi abbia fatto, karmicamente/ energeticamente/ chimicamente, più male dei pensieri negativi che ho, mio malgrado, inviato a me stessa o al prossimo a vario titolo nell'ultima settimana...



E' facile diventare farisei nei percorsi spirituali. uno medita, è vegetariano, e magari facilmente sorvola sulle proprie ipocrisie, o lo stress, o i propri errori e non-ahimsa ad altro titolo, o il fatto che mangiando vegetariano ma industriale si contribuisce alla sofferenza di madre terra e si mangia cacca non di meno...)

mercoledì 25 agosto 2010

Deepika

Non posto qui la stragrande maggioranza delle foto in sari o abbigliamento indiano che mi colpiscono,
ma ogni tanto un'eccezione si può fare...

Ecco Deepika Padukone in sari all' India International Jewelry Week 2010, ed in anarkali ad un backstage del suo tour di marchette a presentare il suo ultimo film ("missione" per la quale ha scelto di abbigliarsi sempre molto classic desi - a parte le Birkin!)






...Certo che la Madre Divina quando si impegna le fa proprio bene certe creature (ok ok le fa tutte ugualmente bene, sì, era una battuta)... sono una fan estetica della Deepika nazionale...

anche se... della serie memento mori / cenere eri e cenere ritornerai... se guardate, si vede già come sarà a 50 anni e ci sono state 50enni più belle...


(pictures in this blog are their respective owners'; no ownership or rights thereon are claimed)

lunedì 23 agosto 2010

curry rosso di ceci al tamarindo

Questa è una nuova ricetta che ha riscosso grande successo nel mio entourage e che quindi mi affretto a pubblicare!

Per 4-6 persone:

1 lattina di ceci bio
mezzo kg di patate
1 cucchiaio di olio di semi di mais
1/4 di cucchiaino di semi di senape nera
3-4 foglie di curry
1 pizzico di assafetida
1 cucchiaio raso di farina di ceci
2 cucchiai di polpa di pomodoro
1/4 di cucchiaino di peperoncino
1/4 di cucchiaino di curcuma
1/4 di cucchiaino di cumino orientale in polvere
2 cucchiai di chutney di tamarindo (ricetta nel blog) 
sale e acqua bollente q.b.
se serve: succo di limone

- Bollite le patate tenendole un po' indietro.
- In un'antiaderente senza teflon, scaldate bene l'olio e fate friggere brevemente i semi di senape, l'assafetida e le foglie di curry. 
- Quando la senape scoppietta, aggiungete la farina di ceci, mescolate bene avendo cura di sciogliere eventali grumi e fate andare fino a che il composto è rosa pallido.
- Aggiungete il pomodoro, peperoncino, curcuma e cumino, mescolate bene e fate andare per 3-4 minuti. Nel frattempo pelate le patate e tagliatele a cubetti.
- Aggiungete ceci, patate, sale e poca acqua al sugo, mescolate bene e fate andare per 5 minuti, aggiungendo eventuale acqua necessaria.
- Aggiungete il chutney di tamarindo, tenedo conto che le dosi sono indicative perchè chutney diversi hanno sapori diversi: assaggiate!
- Fate cuocere per altri 5 minuti. Aggiustate di sale e qualsiasi altra cosa manchi.

Potete servire con un trito di arachidi tostate o di coriandolo fresco in foglie (cilantro).

Buon appetito!


(immagine da qui)

giovedì 12 agosto 2010

Citazione al Volo

Un amico ha segnalato su facebook questo passo da un libro di Fabio Volo, "Esco a fare due passi".
E' delizioso e... vero.

"Lei era entrata in quella parte del cuore dove ci sono le cose più buone, quella simile ad una credenza dei  dolci dove c'è la Nutella, i biscotti, le merendine, la marmellata; quell'angolo di cuore dove quando uno ci entra, succeda quel che succeda, da lì non uscirà mai. Non c'entra l'amore. Ci sono persone che da quando le conosci non smetti mai di volergli bene."




mercoledì 11 agosto 2010

Le occidentali ed il Sari

Sul web si è vastamente chiacchierato riguardo a se e come le occidentali riescano a portare il sari "bene": con un drappeggio corretto, con naturalezza, senza sembrare fuori luogo, e con il giusto stile nell'aspetto generale (scelta del pezzo, accessori, trucco...).

Tutti questi elementi sono dimensioni ortogonali secondo me, cioè aspetti diversi ed indipendenti che concorrono alla buona riuscita del look in sari.

Per il drappeggio corretto... utilizzate le numerose risorse online in inglese oppure Questo Blog che è Fatto Apposta! :-)

Per il giusto stile nell'aspetto generale intendo, prevalentemente, non sembrare abbigliate per carnevale o da sposa indiana. Questo si ottiene osservando la vecchia regola dell'eleganza: Less Is More.
Parte dei disastri che si vedono addosso alle occidentali vestite all'indiana sono dovuti alla compresenza di sari vistosi, grossi bindi, trucco pesante e tutti i gioielli della tradizione indiana (bangles, tika, cavigliere...) magari con tanto di campanellini. A parte l'eccessività in se per sè, l'effetto è cattivo anche perchè la donna in questione non può muoversi a proprio agio con tutta quella roba addosso, magari mai messa prima!
Le scarpe per il sari possono essere un argomento spinoso. D'estate non c'è problema coi sandali - anche se persino le indiane fanno dei pastrocci non indifferenti con gli abbinamenti. Diverso è il discorso d'inverno - consiglio una scarpa/stivale col tacco neutra, liscia e sobria.

Per non sembrare fuori luogo, innanzitutto valutate l'opportunità di mettervi o meno un sari.
Per una cena o festa indiana o almeno etnica è molto facile, la risposta è sì.
Ma in ufficio? Ad una normale cena con gli amici o a fare shopping con l'amica del cuore?
Questa valutazione sta a voi, ma vi conforterà sapere che ci sono occidentali che portano il sari anche in casa, in ufficio o nel tempo libero, ad esempio ma non solo:
le americane Sari Sisters (quelle di Sari Safari), due delle quali hanno anche fatto un giro in bici in sari (in foto),
e le ceche Sariholics
Date un'occhiata!
No, no, non voglio sentire commenti viperini sul fatto che "centro/nord-europee e americane non fanno testo quando si tratta di vestire"! ;-)

Una volta che avete deciso per i 5,5 metri di stoffa, commisurate colori, fantasie, decorazioni e luccichii vari all'occasione a cui andrete a partecipare. Tenete conto del fatto che un sari è già un abito lungo drappeggiato, fa "abito da sera" anche se usate un lenzuolo, quindi tenetevi sempre un passo indietro, anche due, con colori e decorazioni.
Ovviamente entriamo nel filosofico: se una si sente di indossare un sari di broccato fuxia con strass deve sentirsi libera di farlo.
Ok, ma secondo me dev'essere quel tipo di persona con talmente tanta personalità da riuscire a portare capi molto particolari con naturalezza e lo fa in modo abituale - quello che si dice "un tipo". In caso contrario, attenersi ad un capo "low key" in cui sentirsi a proprio agio.

Per avere naturalezza: tenetevi un sari "da prova" addosso in casa per qualche ora in diverse giornate prima di avventurarvi fuori casa.
Vi ricordate come avete fatto coi tacchi? Uguale :-)
Anzi, vi ricordate che ci sono voluti mesi se non anni per camminare coi tacchi alti come se fossero un'estensione dei vostri piedi? Quindi non demordete col sari!

Saree Dreams ha una piccola sezione di sari portati da occidentali, la Firangi Friday Saree Section. (Firangi vuol dire appunto "straniero", peraltro non in un'accezione benevola ma qui si scherza).

La foto all'inizio è della tennista russa Kournikova con un molto ben portato sari qui.

venerdì 30 luglio 2010

La ragazza (e i drappeggi) dell'era Vijayangara

Sari Safari riporta il link alle pagine di Lakshmi Amman,
nome d'arte di una giovane nordamericana che fa parte della SCA India, sezione indiana della Società per l'Anacronismo Creativo - da quello che ho capito, si tratta di cultori della materia che amano ricreare oggetti, ambientazioni e abitudini di una certa epoca storica (profondo attaccamento ad un'incarnazione precedente immagino).

Lakshmi è una danzatrice del sud dell'India del XVI secolo, che vive sotto l'impero Vijaynara - l'ultimo grande impero induista prima del sopravvento degli stranieri Moghul.

Questa fanciulla ci propone istruzioni illustrate per due stili di drappeggio d'epoca Vijayangara.

Presumendo che voi, come me, non abbiate intenzione di mettervi ad indossare sari vijayangari - o che, se volete farlo, sappiate abbastanza inglese da seguire le istruzioni in originale, non traduco fase per fase qui ma mi limito a segnalare i link. Se avete bisogno di una traduzione però, fatevi avanti nei commenti!

Uno stile è quello "a sirena" ("fishtail" - lascio così ma come traduzione non mi piace, per quanto sia la traduzione standard in ambito sartoriale... altre idee?), un drappeggio a pantalone comune per le danzatrici dell'epoca.
Si chiama così perchè il pallu cade, ripiegato, sul davanti tra le gambe, creando una "coda di sirena".

La versione "estesa" del fishtail è lo stile che Lakshmi chiama semplicemente "di era Vijayangara" poichè compare solo nei dipinti di quell'era - mentre il fishtail è comune in tutta l'epoca medievale indiana.
Il Vijayangara è un'evoluzione del drappeggio a sirena in quanto si fa con sari da 9 yarde, mantenendo come drappeggio sulla parte inferiore del corpo il fishtail, ed utilizzando i 3 metri rimanenti per il drappeggio sul torso.
Da notare che Lakshmi ha elaborato il drappeggio da sola sulla base dei dipinti dell'epoca e di poche informazioni in letteratura!

Come consiglia Lakshmi, stoffe leggere e che cadano bene, ma non troppo scivolose (ad es. chiffon) sono ideali per questi drappeggi.

Tutto ciò sarà, anche per voi, un immediato rimando al drappeggio kashta di cui abbiamo già parlato: è a pantalone, si può fare con il sari di lunghezza standard solo sulla parte inferiore del corpo, o drappeggiare anche sul torso con il sari da 9 yarde.

Grazie Lakshmi, keep it up!

Piselli e formaggio/tofu in umido (Mattar Paneer/Tofu)

A vostro godimento,
un'altra ricetta di sicuro effetto!

Questa è piuttosto low-carb (a basso impatto glicemico), buona anche per mantenere la linea se si contiene l'uso dell'olio.
Rispetto alla complessità del bouquet aromatico, è anche facile da fare perchè ricorre in parte a masala pronti.

Per 6 persone (circa - dipende sempre da quanto mangiate e cos'altro avete in menù):

(ricordate che ci sono i post su misure, sostituzioni e come rifornirsi x la cucina indiana - nella colonna qui a dx)


700 grammi di piselli fini (freschi o surgelati, no scatola)
350 grammi di tofu o paneer (formaggio indiano fatto in casa; ricetta qui)
2 cipolle tritate
3 spicchi d'aglio tritati finemente (2 se molto grandi)
1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato
una lattina di polpa di pomodoro o 2-4 pomodori maturi a dadini
1 cucchiaino di kasturi methi (foglie di fieno greco secche) - facoltativo ma consigliato
1 cucchiaino di pasta di peperoncino, o peperoncino a piacere - preferibilmente rosso fresco
1 cucchiaino di polvere di cumino orientale
mezzo cucchiaino di garam masala
mezzo cucchiaino di tandoori masala
mezzo cucchiaino di curcuma
1 vasetto di yogurt bianco intero (di soia se versione vegan)
1 cucchiaino di zucchero
circa 20 grammi di burro (facoltativo)
1 cucchiaio d'olio di semi


Procedura:

  1. scaldate, in un'ampia padella o in un saltapasta, l'olio;
  2. unite cipolle, aglio e zenzero e portate a doratura a fuoco medio;
  3. unite il cumino e la curcuma e fate insaporire qualche secondo;
  4. unite il pomodoro, il peperoncino, lo zucchero, un pizzico di sale e fate cuocere qualche minuto;
  5. unite i piselli e portateli a metà cottura nel sugo, aggiungendo acqua calda in cottura quando necessario;
  6. nel frattempo tagliate il tofu/paneer a dadini e rosolatelo a parte in pochissimo olio per pochi minuti
  7. dopo averlo sgocciolato su carta assorbente, unite il tofu/paneer ai piselli;
  8. unite il tandoori masala, il kasturi methi e lo yogurt; proseguite la cottura aggiustando di sale, peperoncino e integrando l'acqua necessaria; 
  9. a cottura ultimata (tenete i piselli non molto cotti), aggiungete il garam masala e l'eventuale burro, mescolate e lasciate coperto pochi minuti prima di servire.
Gustate con roti integrale, naan all'aglio o alla menta, o anche semplice basmati integrale a vapore.

Molti ristoranti indiani propongono il matar paneer in una pesante base di panna, ma questa versione più magra è anche più fedele all'originale - oltre ad essere più salutare!



giovedì 22 luglio 2010

La volpe del Piccolo Principe: amicizia e addomesticare

Ecco una delle pagine più belle che si possano leggere (qui ridotta per il blog).

Si può leggere Il Piccolo Principe di Exupéry cento volte senza mai finire di imparare qualcosa leggendolo.

Una recente esperienza di una bella persona che mi sarebbe piaciuto "addomesticare" un po', ma con cui ho fatto una frittata, mi ha ricordato in qualche modo della volpe di Exupéry.

Certo, la portata del discorso della volpe va molto al di là di quello che intendevo fare con questa persona - e molto al di là di come sono in generale, perchè Exupéry ci va pesante sulla dipendenza emotiva, che per me non è una base nei rapporti (di amicizia, coppia etc): non ci si può basare su un bisogno reciproco ma un dare reciproco di quello che si è. Come dico sempre "se uno ti dice che ha bisogno di te, scappa". Non si può avere un rapporto basato sul bisogno a meno che non si parli di bambini. Ma tra adulti, uno prima è, sta bene con se stesso almeno un po', stando bene può ascoltare l'altro e rispettarlo, e di quello che uno è ed ha, dà all'altro.

Ma la pagina della volpe rimane eccezionale...

Tornado a prima, le parole sul come si addomestica qualcuno o qualcosa (in rosa nel testo) sono quelle che mi erano venute in mente riguardo alla mia "frittata" e quello che forse avrei dovuto fare.

Invece di darmi tanto dell'idiota, aggiorno il blog... e non si sa mai che si riesca ancora a rimediare...


"Buon giorno", disse la volpe. 
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." 
"Chi sei?" domando' il piccolo principe, "sei molto carino..." 
"Sono una volpe", disse la volpe. 
"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono cosi' triste..." 
"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". 
"Ah! scusa", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
"Che cosa vuol dire "addomesticare"?" 

[...]
“E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare dei legami…” 
“Creare dei legami?” 
“Certo”, disse la volpe. Tu, fino ad ora, per me, sei un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io saro' per te unica al mondo”. 
“Comincio a capire”, disse il piccolo principe. “C’e'un fiore … credo che mi abbia addomesticato…” 
“E’ possibile”, disse la volpe. “Capita di tutto sulla Terra…” 
“Oh! Non e' sulla Terra, disse il piccolo principe. 
La volpe sembro' perplessa: “Su un altro pianeta?" 
“Si'” 
(…) 
Ma la volpe ritorno' alla sua idea: “La mia vita e' monotona. Io do' la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara' come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri passi. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto la terra. Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica. 
E poi, guarda! Vedi laggiu' in fondo dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano. 
La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe : "Per favore... addomesticami", disse. 
"Volentieri", rispose il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'. Ho da scoprire degli amici,e da conoscere molte cose". 
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. 
"Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" 
"Che bisogna fare?" domando' il piccolo principe. 
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, cosi', nell’erba. Io ti guardero' con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ piu' vicino..." 
Il piccolo principe torno' l’indomani. 
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. 
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell’ora aumentera' la mia felicita'. 
Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! 
Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti". 
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe. 
"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. 
"E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’e' un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi' ballano con le ragazze del villaggio.
Allora il giovedi' e' un giorno meraviglioso ! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza". 
Cosi' il piccolo principe addomesticò la volpe. 
E quando l’ora della partenza fu vicina:  "Ah!" disse la volpe, "...piangerò". 
"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..." 
"E’ vero", disse la volpe. 
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe. 
"E’ certo", disse la volpe. 
"Ma allora che ci guadagni?" 
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".  
[...]